lunedì 23 dicembre 2019

FIL L'evoluizione, l'arte e il senso "PER ALTRO"


Per ampliare l'orizzonte della riflessione sul linguaggio e sull'arte in genere forse è utile brevemente ripensare e ripercorrere i comportamenti dei gruppi di cacciatori e raccoglitori che sopravvissero esercitando la caccia e la raccolta. Caccia e raccolta attuata da singoli individui che convivevano in tribù e collaboravano fra loro creando all’interno dei gruppi rapporti di coordinazione e di subordinazione che non potevano certo limitarsi alle ore di caccia. La sopravvivenza dei singoli avvenne all’interno di questi gruppi di individui che interagivano collaborando nella preparazione delle strategie di caccia, nella loro attuazione, nella progettazione e costruzione delle armi e nella distribuzione dei compiti. Tutte operazioni che consentivano ai singoli di formare unità capaci di portare a buon fine la caccia e, più in generale, la sopravvivenza, come se il gruppo fosse una singola entità di esseri/organi collaboranti in sincronia.


La pressione selettiva agì sui gruppi e, attraverso questi, sui singoli. Le varianti incapaci di accettare la collaborazione o di collaborare non sopravvissero. Non sopravvisse il singolo individuo percepente tanto caro ai filosofi ma l’uomo sociale, l’uomo bifronte capace di divenire parte di un organismo-gruppo efficiente.
Per l’interagire e l’agire per il successo, che non fu ovviamente limitato alla caccia, ma che si estese, più in generale, alla sopravvivenza, fu fondamentale il formarsi di una serie di comportamenti che si esprimevano e concretizzavano in azioni coordinate di collaborazione in condizione di parità e in operazione di subordinazione, decisione, comando, con stabilizzazione del concetto politico di organigramma. Questa interazione di soggetti in contrapposizione/armonia fra loro si caratterizza come attività politica.
Gli individui accedevano alla varie posizioni secondo leggi emerse da quell’interagire di sopravvivenza. Lotte politiche quindi! Esibizioni, valutazioni, duelli che seguivano le leggi esistenti per accedere alla scala gerarchica, lotte politiche che contestavano le gerarchie e, più in generale, le leggi generatrici di quelle gerarchie.
Interazione fra uomini, interazioni di valutazione, interazioni di resistenza, di contestazione, di difesa; creazione di nuove forme, elaborazioni concettuali e linguistiche che dovevano sopravvenire con l’operare sociale lungo il percorso di sopravvivenza nella convivenza.
Prima di parlare col linguaggio, così come lo conosciamo, gli uomini interagivano in maniera comunicativa fra loro e continuavano a interagire succedendosi nelle generazioni tra i vincoli e i pericoli dell’ambiente. La pressione selettiva s’esercitava sui singoli e sulle tribù dove la linfa vitale aggregante e salvifica, tanto dei singoli come dell’organismo-gruppo, era proprio la cultura. Dal trattamento, alla divisione del cibo, dall’organizzazione della caccia all’identificazione e comunicazione dei pericoli, dall’acquisizione delle conoscenze, alla loro trasmissione. Tutte queste attività contrassegnavano la cultura con il senso generale di sopravvivenza.
L’evoluzione, la storia biologica e culturale dell’uomo non sono tutte ugualmente riducibili al senso fondamentale legato alla sopravvivenza? A mio parere la risposta è 
In quanto altro dal sopravvivere la riserva ha un senso connesso al vivere, non all’ottusamente ciecamente sopravvivere, ma al vivere in comunità come individuo singolo e mortale. In quanto tale, la riserva di senso è connessa al finito, al limitato, al senso storico che si storicizza nelle storie dei mortali.

 Riserva di senso
Anche se pressione selettiva ed evoluzione agiscono in maniera molto complessa, esse vengono spesso sbrigativamente ridotte a uno schema secondo cui:
1) variazioni individuali del codice genetico sopravvengono in maniera casuale,
2) su queste mutazioni l’ambiente seleziona le variazioni capaci di sopravvivere e trasmettere le mutazioni.
Pur consci della semplificazione non ci scosteremo da questa versione elementare perché sufficiente allo scopo. Una teoria più complessa, più scientifica complicherebbe solo la discussione senza mutare i risultati a cui si intende pervenire, che riguardano esclusivamente un concetto che identificheremo fin d’ora come Riserva di significati
E’ evidente che variazioni favorevoli alla sopravvivenza, sopravvennero e continuano a sopravvenire, a strutturarsi, a coordinarsi con organi e funzioni, in maniera tale da risultare, nello stesso tempo, altamente funzionali alla sopravvivenza nella sua funzione fondamentale ma del tutto estranee ad essa per altre funzionità rese possibili dall’avvenuto strutturarsi delle funzioni vitali.
Per meglio comprendere si può pensare, ad esempio, al complesso al complesso delle dita, delle mani e delle braccia con relativi snodi e articolazioni delle dita, del polso, del gomito e della spalla, che certamente furono premiate dall’evoluzione del primate uomo, perché lo dotarono di capacità vitali quali arrampicarsi, cacciare, raccogliere frutti, difendersi, ecc.
La pressione evolutiva premiò queste capacità. Nondimeno quelle stesse mani, quelle stesse articolazioni delle mani, del polso, del gomito, della spalla, capaci di coordinarsi così bene fra loro, sono quelle stesse che gli permettono di suonare la chitarra, il violino, la fisarmonica ed altri strumenti musicali. Sono quelle stesse che gli permettono di scrivere, che gli permisero nel passato di produrre suoni sfregando corde, battendo tamburi traendone e apportando piacere al gruppo, alla tribù, al singolo.
Naturalmente noi non possiamo sensatamente affermare che l’evoluzione premiò le estremità prensili perché permettevano di produrre una molteplicità di suoni, sfregando o pizzicando delle corde tese e neppure che le premiò perché permisero di costruire strumenti musicali.
Pensiamo alle memorie e al software necessari per far girare un programma sofisticato come Word e a quanti altri programmi si possono far funzionare con quello stesso hardware e con quello stesso software. Se immaginiamo che Word sia A, gli altri programmi possibili B, C, D, eccetera, allora possiamo immaginare che ad un certo punto dell’evoluzione la capacità A si sia dimostrata vincente e selettiva, trascinando con sé anche le potenziali capacità B, C, D, ecc., anche se del tutto indifferenti per la sopravvivenza.
La pressione selettiva premiò senz’altro la capacità di programmare, di escogitare soluzioni, di superare difficoltà e pericoli, di risolvere problemi sempre più complessi e difficili. Tutte queste capacità sopravvennero e furono premiate sia in campo mentale, dove la capacità di sostenere programmi di calcolo, riconoscimento, decisione ecc., presuppone l’esistenza di strutture celebrali adeguate, con memorie, connessioni e dimensioni adeguate ai programmi, sia in campo più specificamente materiale (abilità manuali, ecc.) creando così possibilità di abilità manuali e programmi capaci di utilizzare queste capacità sia in funzione di sopravvivenza che con significati del tutto diversi.
Possiamo allora, almeno provvisoriamente, concludere che in noi si sono stratificate surplus, riserve, capacità, che potremmo indicare come riserve di significato, delle quali la pressione selettiva dell’evoluzione non è stata il diretto attore.
L’evoluzione, la storia biologica e culturale dell’uomo non sono tutte ugualmente riducibili al senso fondamentale legato alla sopravvivenza. Il senso di azioni, passioni, comportamenti non è riconducibile unicamente al senso primario di sopravvivenza, tutta la complessa articolazione dei desideri con tutte le relative connessioni non è unicamente riconducibile al senso primario del sopravvivere-
In quanto altro dal sopravvivere la riserva ha un senso connesso al vivere, non all’ottusamente ciecamente sopravvivere, ma al vivere in comunità come individuo singolo e mortale. In quanto tale, la riserva di senso è connessa al finito, al limitato, al senso storico che si storicizza nelle storie dei mortali. 


Si è parlato delle articolazioni delle mani e delle braccia che ci rendono in grado di suonare strumenti a corda, di scrivere, di battere a macchina, di costruire quegli stessi strumenti, ma il fenomeno lungi dall’essere limitano a qualche funzione è tanto vasto da investire tutto il nostro vivere quotidiano
Con le mani costruiamo utensili funzionali alla sopravvivenza ma anche zufoli, trombe, flauti che poi suoniamo non solo con le mani ma anche con la modulazione del fiato. L’uso combinato dei due mezzi ci permette di alzare e abbassare il volume, di modulare le note e gli accordi, consentendoci di emettere note e suoni isolati, note e suoni coordinati in un sistema di contemporaneità e di successione: canti, sinfonie, concerti, ritmi, musica da ballo, ecc. Sia il ballo che il canto avvengono articolando l’uno la voce e l’altro le mani, le gambe, il corpo e le braccia. Benché, braccia, corde vocali polmoni siano tutti organi vitali, altrettanto non si può dire di loro prodotti come il ballo, il canto, il suono degli strumenti a fiato, i concerti, le sinfonie. Analoghe considerazioni si potrebbero fare in relazione alla pittura, alla scultura, alla composizione di poemi, liriche, romanzi, ecc.

Abbiamo dunque tutto in insieme di abilità, possibilità, attività connesse alla sopravvivenza e un’altra serie di abilità, attività, potenzialità che ci derivano da quella riserva indicata come riserva di potenzialità, che non è oggi, come non è stata in passato, legata alla sopravvivenza e che non trae oggi come nel passato il proprio senso da questa.
Suonare, comporre, cantare, scrivere poesie o romanzi, disegnare e commentare vignette, fare teatro non sono funzioni necessarie a sopravvivere o, per lo meno non lo sono e non lo sono state in un senso così universale e totale come il respirare, il cibarsi, il coprirsi, il lavorare per procurarsi cibo, vestiario, cure per le malattie, cibo per i figli ecc. e, soprattutto, non sono state determinanti per la nostra sopravvivenza in quanto uomini. Lo sono state in un senso secondario poiché il moto, la distrazione, il riposo, l’evasione si sono, a loro volta. dimostrate salvifiche e la selezione ha premiato il riposo e l’evasione Ma non hanno trovato nel loro sviluppo mai un legame diretto né sono state progetto vitale nello steso senso con cui venivano costruite le armi o studiate le strategie di caccia. Il loro senso non è inserito nella mappa delle funzioni di sopravvivenza se non in maniera sussidiaria.
Dunque le mani, il sistema vocale, il sistema motorio il nostro sistema di riconoscimento e decisione, il nostro vedere, pensare, interfacciarsi, così fondamentali per la nostra sopravvivenza, consentirono contemporaneamente operazioni straordinarie come il canto, la narrazione, la raffigurazione, la danza. Consentirono in altre parole anche il procedere di quell’operare denominato artistico, che ha come prodotto duraturo le opere d’arte.
E certamente dovette apparire come fantastico e meraviglioso, magico per i singoli esseri mortali questo vivere diversamente, questo vivere rilassati o eccitati diversamente rispetto al quotidiano impegno di sopravvivenza, questa diversificazione dall’Essere costruito dalla selezione, quell’agire non necessario, non per la sopravvivenza ma per se stessi e per altro. Un magico distrarsi e uscire dal mondo in una operatività/partecipazione che non era quella dell’essere vissuti dal soffocante, ansioso, implacabile abbraccio dell’Essere per sopravvivere.
L’uomo si diverte e gioca in età matura al di là del significato salvifico che hanno, ad esempio, il gioco, la corsa, la lotta per i giovani apprendisti della vita. Conosce il piacere di raccontare e di ascoltare racconti che non sono solo notizie o informazioni, che vanno al di là del racconto informativo, che non ricoprono ruoli salvifici e parlano di uomini e donne del tutto inventati. E ancora suoni e sequenze, suoni e canti che non sono solo religiosamente salvifici, che non sono solo segnali o cori di caccia o di guerra, ma canti da godere per altro, da cantare per altro: per festeggiare, per gioire, per nessun altro motivo che non sia il cantare stesso, l’ascoltare e il godere gli effetti ritmici, melodici, piaceri che stimolano a loro volta l’inventiva e la creatività, dando autorità e prestigio a chi inventa e interpreta. Non a caso nascono gli dei della musica, nascono miti come quelli di Orfeo, cantore capace di commuovere le pietre col suo canto. La dimensione è mitica e sacrale ma non riducibile alle funzioni sacrali emerse come funzioni salvifiche e capaci di assegnare agli eventi quella dimensione mappale di sopravvivenza.
Gli dei della musica, i nuovi miti come Orfeo celebrano il godimento poetico, artistico, musicale nella sua bellezza in sé. Non solo canti religiosi per Marte o Giove per invocarne l’aiuto, placarne l’ira e neppure canti alla Dea delle Messi, in cui si canta con significati e fini altri che il proprio godere di quei canti, di quei componimenti.

L’autonomia di senso presuppone un mondo chiuso di senso, in misura tale che, se viene cercato il senso di una situazione o di un cambiamento questo possa essere trovato tanto nella storia di quel mondo che nella configurazione di provvisoria stabilità assunta dal mondo. Questi mondi sono chiusi nel senso di Cassirer (non in riferimento ai mondi come condizioni logiche, trascendentali della comprensione del mondo, ma in un senso più fluttuante di percezione autonoma di vita). Queste brevi considerazioni se non altro ci e qualcosa in più sia sull’indipendenza e sull’autonomia dell’arte sia sulla autonomia di significato delle opere artistiche di cui molti parlano ma senza darne alcuna ragione e motivazione. Ci dicono che l’arte è auto significante che lo è di per sé e su queste affermazioni si fa molta melina senza aggiungere alcunché di significativo. Ma un qualcosa di più si può dire e questo qualcosa dice che un agire può trarre il suo significato direttamente dal senso di sopravvivenza, sia indirettamente e in maniera mediata, come sopra si è delineato, in misura tale da potere parlare di senso per “Altro” di senso “Altro” di una pluralità di sensi altri pervenuti ad autonomia di senso e di mondo di senso mediante emancipazione dalle proprie origini e dalle proprie cause.

Doverosamente aggiungo che parte delle considerazioni esposte sono presenti in un mio articolo sulla rivista Dialettica e filosofia.





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