sabato 16 novembre 2019

2 Cultura popolare - Capitolo 2 de Il Manifesto degli incivili



La cultura popolare - Capitolo 2 del Il Manifesto degli incivili

Gli anni sessanta, per noi che diventavamo adulti, furono una manna anche per l’orgia di dispense culturali a basso prezzo nelle edicole. Parlo delle dispense dei Capolavori nei Secoli, de I maestri del Colore, editi dai Fratelli Fabbri, di quelle geografiche de Il Milione da cui appresi giovanissimo l’esistenza di una storia della musica. Io che, ignaro anche della terza rete RAI, non avevo mai sentito altro che le nenie dei papaveri, delle papere, dei balli del mattone, delle mamme amatissime, degli alberi infiniti in una stanza, e che pensavo che la musica fosse tutta lì! Dal Milione appresi che esisteva per ogni paese una storia della musica che si unificava, che erano esistiti Monteverdi, Palestrina, Mozart, Paisiello, ecc. Più tardi, negli anni, uscirono nelle edicole i fascicoli di Storia della musica.
 Molti pezzi classici come le sinfonie di Beethoven, la sesta di Ciaikovskij, la Sinfonia del nuovo mondo, ecc. o opere come Otello, ecc. erano in vendita alla Standa per la modica e popolare cifra di mille lire a disco. Rizzoli e pubblicava i capolavori nella Bur: tutti i capolavori più o meno grandi del passato in edizione economicissima e povera. Accanto alla bur pubblicava anche collane di libri eleganti, cuciti, rilegati. Analogamente Mondadori pubblicava, accanto a collane di libri economici (bmm e Pavone), che abbracciavano romanzi moderni, classici, pittura, architettura saggistica, filosofia, l’aristocratica e cara Medusa di scrittori moderni e contemporanei.
L’offerta di cultura a costi popolari era ampia. L’Italia posava mattoni per le abitazioni popolari e meno popolari ma anche mattoni culturali per le tasche proletarie. L’unico problema era l’abbondanza e la necessità per i giovani non finanziati dalla ricca e snob elite famigliare, era l’impossibilità di comprare tutto e di dover fare scelte ogni settimana. Ma furono comunque tempi culturalmente folli. I due grandi partiti effettivamente popolari andavano a braccetto con l’abbondante offerta di cultura a prezzi popolari.  
Accanto ai grandi editori interclassisti in grado di accontentare tutti i gusti e tutte le tasche, c’era l’Editore Einaudi, uomo ed editore di sinistra, impegnato nel costruire una supremazia culturale con edizioni ricche, belle e care non certo per le tasche proletarie. I suoi erano tutti cuciti eleganti, veri arredi per librerie di gente snob, ignorante e non ignorante. Era ovviamente l’editore osannato dalla società civile, dall’elite nobile e radical chic, che disprezzava i grandi editori e ancor più li disprezzò fino all’odio, allorché a rilevare una Mondadori in fallimento per le perdite T.V., arrivò l’arcinemico Berlusconi, che poi salvò dal fallimento anche Einaudi. Un salvataggio che non costituì un merito per la società civile ma un’altra offesa da lavare a tutti i costi.   
L’Einaudi rappresentava la negatività della democrazia italiana, l’immagine della repubblica platonica dell’Espresso e dell’egemonia culturale radical chic.
Non era difficile prevedere che questa aristocratica elite avrebbe ridotto l’Italia e l’Europa al disastro, all’umiliazione delle classi medie, alla rabbia sociale, alla povertà di tutti e alla ricchezza di pochi. Il pensiero unico di sinistra trionfava, il nuovo elitarismo di sinistra trionfava, alimentato da una moltitudine di giornalisti, attori, registi, che vivevano la loro brillante vita a spese dei contribuenti. Ma perché io dovrei pagare il biglietto d’ingresso a chi va all’opera o a teatro? Lo chiediamo in questo Manifesto. Perché? Per consentire a pochi privilegiati di pasteggiare ad aragoste e Champagne? Per consentire ad attori, cantanti, saltimbanchi di riscuotere uno stipendio che non guadagnano? Per aggiungere ai parassiti sempre nuovi parassiti?
La parola d’ordine deve essere abbattere le elite, cacciare i parassiti, chiudere gran parte dei teatri lirici, chiudere tutti i teatri di prosa che non siano in attivo, eliminare i contributi ai giornali ed agire con decisione: con grande decisione. I giornali sono appestati da giornalisti ed opinionisti in lotta a fianco dell’elite pagati da noi e in guerra contro di noi. I conduttori televisivi, vedi la Gruber e Fazio Fazio, non sono da meno.
Sulla nullità di pensiero degli opinionisti si tornerà ampiamente, sulla loro guerra aperta in difesa della società civile anche. L’aggregato delle elite è forte. Trova alleati nel burocrazia, nei giornali, nel potere giudiziario, evoca fascismi inesistenti, si rifiuta di capire le sorgenti teoriche molto differenziate, molto articolate, molto ricche di quel mondo che definiscono barbaro, populista, identitario, nazionalista, fascista. Evocano la fine del mondo civile. Forse l’alleanza conservatrice dei muli vincerà la battaglia come l’ha già vinta in Italia contro la cultura popolare d’origine americana, l’odiata America, portata da Berlusconi. La magistratura come già accaduta con Berlusconi, quando la parola d’ordine era “abbatterli con qualsiasi mezzo” ascolterà le richieste d’aiuto della società elitaria a cui, come persone, appartengono.
Forse vincerà ancora perché è forte, armata, unita e senza scrupoli di fronte a un nemico ancor timido e troppo in difesa, ma si sveglieranno questi novelli aristocratici, un mattino con l’Europa in fiamme e non più arrendevole. Non più berlusconiana o salviniana ma animata dal fuoco di salute pubblica di un nuovo Robespierre.
Forse sarebbe meglio, per evitare l’incendio, un altro Terrore, di un’altra rivoluzione francese, dedicare maggior attenzione  a Salvini e al popolo di Salvini e pensare che l’egemonia delle elite si combatte con partiti popolari interclassisti che cullino al suo interno una sinistra popolare come popolari furono Donat Catin e la sinistra di Base.
Forse sarebbe bene, come fecero Clinton negli Stati uniti dopo Reagan e Blair in Gran Bretagna dopo la Signora Thatcher, considerare il loro lascito come prezioso.
Considerino i cittadini che sostengono le elite che con il barbaro Salvini le morti in mare sono diminuite e che finiranno anche gli afflussi in Libia, la morti nella stessa Libia e i lunghi, pericolosi esodi che portano gli emigranti in Libia. Considerino il disordinato afflusso precedente, le morti in mare, l’approdo di persone che in cuore portano la sharia e che alla lunga ci condizionerebbe verso un avvenire islamico di sharia.
La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, ammesso e non concesso che siano buone intenzioni, cosa tutt'altro che scontata.


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