giovedì 26 marzo 2020

Sua Signoria radical chic Gramellini Buongiorno


Sua signoria radical chic Gramellini Buongiorno 

La discesa in campo di Berlusconi e dei cittadini che lo votavano è stata una cartina al tornasole per mettere in evidenza quanto era ipocrita e falsa la cultura radical chic ed elitaria della società civile, dell’autonominatasi “società civile” in contrapposizione alla società incivile, alla maggioranza silenziosa nixoniana, che improvvisamente usciva dall’anonimato, capitanata dal mostro delle tivù indecenti e dell’incultura.
Leggete ciò che scrive l’orgogliosamente azionista Gramellini, il civile Gramellini, il democratico Gramellini in un suo Buongiorno sulla stampa.
“Mai come in queste drammatiche ore ci sentiamo di dar ragione all’economista luigi Zingales quando dice che l’Italia è una peggiocrazia, il governo dei peggiori- la prevalenza del cretino, o comunque del mediocre, raggiunge la sua apoteosi in quella caricatura di democrazia che è diventata la nostra democrazia. oggi qualsiasi persona di buonsenso, di destra o di sinistra, riconosce che questa politica svilita dai clown dalle caste dovrebbe affidarsi ai seri e ai competenti. figure alla Mario Monti per intenderci e ce ne sono tante. ma qualsiasi persona di buon senso sa che se i Mario Monti si presentassero alle elezioni, le perderebbero. perché non sono istrionici né seducenti. verrebbero surclassati da chi conosce l’arte della promessa facile e dello slogan accattivante, in quanto una parte non piccola degli elettori è così immatura da privilegiare i peggiori: per ignoranza, corruzione, menefreghismo.
dirò una cosa aristocratica solo in apparenza. Neppure le sacrosante primarie bastano a garantire la selezione dei migliori. Per realizzare una democrazia compiuta occorre avere il coraggio di rimettere in discussione il diritto di voto. Non posso guidare un aeroplano appellandomi al principio di uguaglianza: devo prima superare un esame di volo. Perché quindi il voto, attività non meno affascinante e pericolosa, dovrebbe essere sottratta a un esame preventivo di educazione civica e di conoscenza minima della costituzione? E adesso lapidatemi pure. 
Potessimo! Solo potessimo! E’ contento il democratico Gramellini?
Non abbia timori il “democratico” Granellini, l’ipocrita Gramellini, il moralista Gramellini, la maggioranza silenziosa non fa barricate, non lapida e non fa girotondi e piazzate. Grazie comunque 
Cosa dire, invece, di un simile articolo espresso da un signore, un giornalista, un vicedirettore di un giornale (il terzo per tiratura) in Italia, da un cittadino che si dice influenzato dal Partito d’azione? Se la democrazia italiana sta male, il signor Gramellini, come cittadino democratico sta molto peggio.
Ciò detto, tutto mi pare non funzionare in quel breve articolo. Non funzionano innanzitutto l’uso di termini comuni quali “peggiocrazia”e “buon senso”. Grazie comunque per termini quali prevalenza del cretino, o comunque del mediocre, perché supponiamo giunga da una persona tutto sommato superba e ignorante. I suoi insulti sono generici verso persone di cui Gramellini non conosce complessità e cultura, mentre i nostri sono ragionati e sulla base dei tanti “Buongiorno” letti.
Ma laggiù, sotto, nella pancia con cui Gramellini sembra pensare (pancia elitaria e azionista, vera pancia doc, tutt’altra cosa che la pancia volgare dei cittadini comuni) il sentimento che anima questo scritto è evidente. Di fronte ai voti dei Berlusconiani, degli ignoranti berlusconiani, degli indecenti e ignoranti cittadini che lo votano, è semplice: La democrazia va bene se ci votano, se non ci votano, creiamo barriere, impediamo a loro di votare: non più una testa, un voto ma una testachevotanoi,2 un voto. Siamo ormai dentro alla Repubblica di Platone e Gramellini è non il suo profeta ma uno dei suoi profeti.
All’interno della società civile la sua non era una posizione isolata ma era diffusissima: una reazione, un’esaltazione alla trincea violenta, virale. 
In una delle tante lettere inviate ai giornali in quel periodo, in questo caso al direttore Mario Calabresi de La stampa si legge. 
Mi colloco, nel mio piccolo, a «sinistra» da sempre (le virgolette si spiegano con le variegazioni e oscillazioni attuali). Dopo l'esito delle ultime elezioni regionali, vorrei fare una «proposta» selettiva se non francamente reazionaria, Il voto è costituzionalmente (ecco perché le se-conde virgolette) un diritto-dovere: ma dovrebbe essere anche un merito per gli elettori.
Troppe volte ho sentito dire da amici, a proposito di molte persone (anche a prescindere dal loro orientamento), che queste ultime, avendo dimostrato, variamente, la loro insipienza, ignoranza, egoismo e/o malafede, tuttavia «manifestano opinioni, vanno a votare».
Mi chiedo se non sia il caso di sottoporle, prima di tornate elettorali, a un esame elementare per vedere se appunto meritino di votare. Basterebbe anche solo chiedergli: 1) chi è il presidente della Repubblica; 2) chi quello della Camera, del Senato e del Consiglio; 3) quali sono i programmi degli schieramenti presenti e un minimo della storia e delle ideologie delle loro varie componenti (cioè come si è giunti al periodo attuale; e/o domande altrettanto semplici - perché gli elettori non si passino le risposte, almeno di 1) e 2), usciti dal seggio). Sarebbe ammesso al voto chi supera questo minimo esame.
Il suffragio universale dovrebbe essere, anche se quasi-simbolicamente, guadagnato sul campo: non più, in qualche modo octroyé; come regalato a chi può influire sulla formazione di governi pure essendo, come si diceva una volta, «fuori della storia» (e non solo).
Firmato Gianni Bernardini, università di Siena.
Complimenti signor Bernardini, lei sarebbe piaciuto ai saggi della repubblica di Platone, dove avrebbe banchettato in allegra e, soprattutto, colta compagnia. Ma lei è sicuro di essere una persona colta? E chi le ha dato la patente di cultura? L’università di Siena? Quale delle sue facoltà? 
Vorrei ancora ricordare la posizione di un brillante azionista e opinionista dell’Espresso, parlo di Giorgio Bocca. 
Non era proprio Giorgio Bocca un illustre esponente del partito d’azione e della società civile? E non era proprio Giorgio Bocca quell’illustre partigiano azionista che, dopo la prima votazione non solo non si recò mai più a votare e illustrò quella sua decisione come una adeguata reazione a quegli italiani (Maledetti? Infami? Ignoranti? Irresponsabili? Disinformati? Papponi?), che dopo il fascismo, dopo la guerra, dopo i partigiani, dopo la liberazione votavano (incredibile!) non il suo Partito d’azione ma partiti popolari, di massa, come il democristiano o il comunista? 
Incredibile per l’intellettuale-partigiano Bocca che, da allora fino alla morte, decise di non giocare più. “Non vinco? Non gioco più?” Bella democrazia! Bel democratico. In realtà a Bocca dava fastidio non tanto il voto Democristiano o il voto Comunista, ma il voto popolare, non informato, non consapevole (naturalmente il suo, come quelli della sua banda, i giudici di questa consapevolezza chi erano se non loro stessi, i saggi, i colti, i morali cittadini della repubblica di Platone?). 
L’abolizione dell’Isola dei famosi e del Bagaglino Rai furono fra i tanti assurdi provvedimenti (https://criticaimpura.wordpress.com/2014/09/27/democrazia-degli-incivili-degli-indecenti-bagaglini-delle-indecenti-isole-dei-famosi-una-difesa-filosofica-del-diritto-al-trash/) dal palinsesto adottati dall’elite dei filosofi della repubblica venuti da Milano, dal pollaio delle corti universitarie e dal pollaio ancor più dorato della Banca d’Italia, incomprensibili se non alla luce di un elite etica che decideva i confini del gusto e degli ascolti che dovevano essere concessi al popolo bue. Ma i veri fiori furono la truce, infame congiura contro il Presidente Leone, contro il partito autenticamente popolare interclassista della D.C. attuata dal partito dell’Espresso tramite la famigerata Cederna per eleggere un socialista, Pertini a presidente della Repubblica e l’ancora peggiore, vero e proprio oltraggio di superbia dell’elite dei filosofi elezione a presidente della repubblica di un cittadino che mai abbandonò il partito comunista, un partito in se stesso, popolare, non aristocratico, dove però i singoli, come Napolitano, avevano approvato o assistito approvando tra l’altro la repressione ungherese e l’elevazione dei Muro. Del famigerato Muro dove vedevano ammazzare coloro che volevano scappare da quel regime. Dopo di loro nessun stupore di fronte all’invasione degli aristocratici come Ciampi e Dini nel campo politico e l’avversione verso la cultura popolare delle tivù di Berlusconi, gli ulteriori passi di sudditanza verso l’elite della UE.
La repubblica di Platone è la repubblica dei filosofi, dei colti. E come si può rifiuta tare di essere guidati dai colti, dagli intellettuali, dalla società civile e non dai Cafonal?


Cafonal è uno dei tanti aggettivi inventati dalla cultura antiberlusconiana per caratterizzare la volgarità berlusconiana. Non si può certo parlare di “cultura Berlusconiana” perché la cultura berlusconiana non esiste come cultura per i suoi coltissimi nemici.” Compaiono i termini non-cultura, anticultura, sottocultura e veniamo ributtati all’indietro di decenni quando alle elementari maestri e maestre per sgridarti quando, secondo loro,  non avevi studiato? Ti redarguivano con frasi del tipo “Mica vuoi crescere come un negro dell’Africa.”, “di questo passo, farai al massimo lo Zulu”. 
Fummo poi indottrinati da una nuova idea che esecrava quella appresa dalle maestre, secondo cui l’idea di una cultura (la nostra, quella della civiltà occidentale) contrapposta a una incultura (quella delle tribù, della barbarie, della negritudine, ecc.) era profondamente ingiusta, errata, connotata di razzismo e di imperialismo. Si affermava così la dignità di tutte le culture. 
Ebbene - potenza di Berlusconi! – oggi tutto è cultura: i vini, bere vino, il cibo, la cucina, la coltivazione dell’orto, le canzonette, i romanzi, gialli, rosa, ecc. Tutto, dicevamo, è cultura tranne quella del berlusconismo. Siamo tornati ai tristi tempi degli Zulu, sostituendo a Zulu i baluba “berlusconidi”.


In Italia e in misura minore ma non meno efficace nel mondo è arte e cultura ciò che permette e definisce l’infame cupola culturale della sinistra, la sua ottusa egemonia con invenzioni conservatrici come la “Società Civile” 
La Società Civile, autonominatesi come tale, in contrapposizione a una società incivile, a cui noi “incivili” siamo orgogliosi di appartenere, costituisce un blocco solido ramificato e viscido a sufficienza per dare risposte fittizie ma efficaci alle domande sopra formulate. Perfettamente consapevole che civiltà e cultura sono a fondamento del potere diffuso, s’ammanta per di più di una parvenza di cuore morale, quasi a rappresentare quella morale universale, basata su imperativi categorici del tipo predicato da Kant. 
Ma che è questa società civile, autoelettasi civile? Se la sono mai posta seriamente questa domanda coloro che se ne sentono parte, che la citano e la inalberano come un vessillo contro l’innominabile società incivile? Si sono mai chiesti se non sia altro che una società elitaria e moralmente egemone, quella stessa che sotto varie forme in ogni età e situazione sociale cerca di emergere e di egemonizzare moralmente e culturalmente la società? Se non sia, ad esempio, la degna versione modernizzata di quella società che spadroneggiava nell’Inghilterra vittoriana, post vittoriane e che è riuscita a distendere le sue lunghe propaggini protettive fin al secondo dopoguerra? Che non sia, sotto nomi diversi, quella stessa che fu di volta in volta paladina dell’alta funzione civilizzatrice della civiltà occidentale e della sua alta funzione moralizzatrice! Quella stessa che celebrò l’imperialismo, quella stesso che portò, anche con la violenza, la parola di Dio ai pagani e ai selvaggi, quella stessa che si sottomise ad adorare il DIO-NAZIONALISMO. 
Sulla cultura l’avvento di Berlusconi fu rivelatore. Le accuse di ignoranza, di fascismo, di barbarie al potere furono ossessive. Nulla da dire sulle accuse di conflitto di interessi. Molti di noi le condividevamo allora e le condividiamo oggi. Ma l’esplosione di rabbia, di odio, fu tutta contro la cultura degli elettori che lo avevano votato. Il popolo sostenitore di Berlusconi veniva tacciata di bieca incultura. L’esaltata e fanatica opposizione alla cultura berlusconiana portò ad esempio la rivista Kainos n° 11° a una raccolta di scritti dal titolo Ignoranza e cultura in Italia all’insegna del detto dell’eccelso, sapiente, sotutto e professorone Stefano Bartezzaghi che recita “Il berlusconismo è elaborato in modo da essere pienamente compreso e accettato soprattutto da chi più è privo di strumenti culturali.” Il che significa tra l’altro che chi votava contro Berlusconi prima e per Berlusconi poi, aveva perso dalla sua tasca i fatidici strumenti culturali. 


Per le elite e le aggregazioni elite sinistra radical chic esiste una solo cultura, la loro. La cultura è quella che loro considerano cultura, fosse anche la conoscenza della loro cacca. I confini li fissano loro, “Questo sì, questo no”. Sono cultura i teatri, le mostre, le conferenze, i convegni, i bachi da seta, l’inseminazione artificiale dei coleotteri, la preparazione dei bignè della Pomerania. Tutto è cultura, tutta quella approvata da questi cavalieri della cultura, tutto ciò che passa nelle loro cervici, nei loro intestini, nei loro stomaci, nelle loro pance, tutto tranne ciò che ieri riguardava Berlusconi, il popolo di Berlusconi, e oggi i nuovi infami populismi, i nuovi mostri, i nuovi, barbari, i nuovi Attila, che invece la cultura, la democrazia, la civiltà la distruggono. La fine del mondo civile, l’apocalisse!


Ciò che ci permette di irridere alla cultura, alle credenze, alla morale della società civile è da un lato l’ingenua, dall’altro perversa, convinzione dei loro superbi adepti di credere nell’Universalità e nell’Eternità dei loro giudizi morali. La comoda convinzione di incarnarli di fronte alla barbarie e al delinquenza, con cui sono obbligati a convivere mentre i loro dogmi morali, che esternano con protervia, non sono null’altro che pregiudizi provvisori. Quegli stessi che condannarono a umiliante galera Oscar Wilde, quegli stessi che condannarono l’alta immoralità gay del matematico Turing! Quegli stessi che furono alla base del suo processo e della sua condanna alla castrazione chimica, inducendolo al suicidio!
Ma non importa! La Società civile procede implacabile alimentata la sua boria, dal suo potere, dal suo falso manto morale.
Il punto importante è comunque uno solo: abbattere questa perdurante egemonia della sinistra, abbattere questa elite, abbattere questi editori che per anni l’hanno favorita, queste elite che si sono insediate. Abbattere la mafia culturale. 


Un ultimo fiore radical chic (uno dei tanti) di Gramellini
“Anni fa fu per me di grande insegnamento” scrive il sublime Gramellini “la visione di un film di Woody Allen in un cinema romano. “La dea dell’amore”. Un susseguirsi esilarante di battute fini per le quali in sala mi sembrava di ridere, o sorridere a voce alta, solo io. Ma appena Woody chiese alla prostituta Mira Sorvino se per caso fosse nata a Vaccopoli, dei tizi dietro di me esplosero in uno sghignazzo irrefrenabile. Mi voltai a guardarli: erano i portavoce di due partiti dell’epoca, oggi (ancora per poco) in uno solo. 
Neppure se ne rendeva conto il nostro sommo, sublime Gramellini, la nostra Aquila Torinese ma aveva varato un definitivo test per separare la società civile, da quella incivile, gli incivili, dai colti, i barbari, dai civilizzati, gli ignoranti, dai colti, i sensibili, dagli insensibili, i belli, dai brutti, la sinistra, dalla destra, i fini, dai rozzi, gli intelligenti, dai cretini, i seri da Joker, la rozza, sfacciata, ignorante, congrega berlusconiana, dal club dei sublimi colti, belli, intelligenti, civilmente chic progressisti. I sondaggisti esultano, i giornalisti sono al settimo cielo, il comitato dei nobel, riunito in permanenza, si chiede “Glielo diamo per la letteratura il nobel o per la chimica o per la pace”;
Il criterio è infallibile: Prendi due tizi qualsiasi li porti al susseguirsi esilarante di battute (finissime) del film e, se alla parola “Vaccopoli”, esplodono in uno sghignazzo irrefrenabile, sei sicuro sono di destra. Se ne porti quattro e se tutti alla parola Vaccopoli esplodono in uno sghignazzo (irrefrenabile) sei sicuro che sono di destra
Il test funziona anche per gruppi dispari e perfino per un individuo solo; anche per te che stai leggendo e anche per me. Pronunci Vaccopoli e se ride sai chi sei e ti spari, se non ridi, esulti e chiedi la tessera dei belli, bravi, colti, intelligenti progressisti. Se ti comporterai bene e mai scoppierai in uno sghignazzo irrefrenabile quando sul treno, sul tram, al telefono, in ufficio sarai sottoposto al test dello sghignazzo, verrai iscritto al club delle società civili. 
Io da parte mia, purtroppo, mente scrivo Vaccopoli, scoppio in uno sghignazzo irrefrenabile e siccome di Vaccopoli ne ho già scritti sei, non la finisco più di sghignazzare in maniera irrefrenabile e nessuno riesce più a fermarmi, mia moglie e i miei figli sono disperati ma ecco che vedendo sghignazzare me, scoppiano a sghignazzare anche loro, Sghignazza metà condominio e cominciano a sghignazzare in strada. Io poveretto sono dilaniato ma intanto penso.
Penso che per sapere se un individuo è civile o incivile, berlusconiano o no, non è neppure necessario prenderlo di brutto (magari sta scopando), trascinarlo al cinema dove programmano in permanenza il film “La dea dell’amore” di Woody Allen, attendere con pazienza il susseguirsi di (esilarante) battute (fini, finissime)  per le quali in sala ride solo il signor Gramellini e infine vedere se alla parola VACCOPOLI sghignazza irrefrenabilmente come sto sghignazzando irrefrenabilmente io. Basta pronunciare con dizione chiara la Parola VACCOPOLI ed ecco che gli ex Alleanza nazionale e gli ex Forza Italia esplodono nel solito irrefrenabile sghignazzo mentre i simil Gramellini sorridono al susseguirsi di battute finissime, anche se nessuno pronuncia alcun susseguirsi di battute finissime 
Il signor Gramellini continua il suo brillantissimo articolo partorito dalla sua brillantissima mente cacciandosi “in un sentiero pericoloso: il sorriso come esclusiva degli snob esangui e acculturati, mentre i barbari affrontano la risata di petto, proprio come la vita” e riconoscendosi così come acculturato, il che non fa una grinza, e noi non avevamo alcun dubbio perché come tutta la nostra alta altissima società civile è:
Bello, intelligente, solidale colto
Bello, intelligente, solidale colto
Bello, intelligente, solidale colto
Per favore ripetere ogni giorno per almeno cento volte. 
Mi chiedo, se si riconosce acculturato, se s’è accordo della colonna operistica del film? S’è accorto che compariva un brano ben raramente usato come commento musicale del film? Che pezzo Acculturato Gramellini? Qual è l’opera? Qual è il compositore? Io dico che lei non lo sa e allora la soccorro: si tratta del duetto famoso del primo atto tra Tell e Arnold. 
Dico il vero o la piglio per i fondelli? 
Eppure Voi colti e intelligenti pifferi di sinistra, ripetete a tutto spiano che la destra non conosce la storia. Quale storia Vaccopoli Gramellini? Quella della musica del medioevo, del cinquecento, del seicento, del settecento dell’ottocento, del novecento con l’orribile dodecafonia? Quella della scienza? Quella della matematica? Sa cos’è un infinitesimo? E un indivisibile? Il resto di Peano? Ha letto ON denoting di Russell? 
No lei non sa nulla di tutto ciò. Non sa nulla di nulla; sa solo che la destra incolta ride al suono di vaccopoli e, naturalmente parlare con odio e disprezzo di Berlusconi.
Berlusconi ha dato agli italiani una TV gratuita e lei cosa ha dato agli italiani? Vaccopoli? Un po’ poco rispetto a tre canali di tv, guardati da quel quaranta per cento di italiani che naturalmente scoppiano in sghignazzi a sentire il suono di Vaccopoli.
Ha anche dato migliaia di posti di lavoro, e lei quanti posti ha dato? Altrettante migliaia nel paese di VACCOPOLI? 

Dimenticavo: lei è autore di un romanzo di grande successo. Il premio Nobel lo daranno a Lei o a Veltroni?

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