lunedì 21 giugno 2021

Un libro da non perdere: ELIZA una storia macedone di Umberto Li Gioi

Bel libro, Superba, avvincente narrazione. Già il fatto che non sia uno dei tanti polizieschi con commissario che magicamente individua il reo, o peggio un romanzo rosa, o peggio un  dei tanti romanzi dove il protagonista si guarda l’ombelico e i visceri per compiere l’immancabile ricerca su se stesso, è prodigioso.

Ma prodigiosa è la narrazione che. procedendo con ritmi calmi, ragionati e uno stile chiarissimo, racconta eventi tragici, eventi festosi e sentimenti  di volta in volta avvolgenti, umani, sentiti, narrando nello stesso tempo una storia d’Italia, di Grecia, di Albania. Una storia di guerra e di pace.

Troppo lungo.? Nulla più del necessario anzi vorremmo saperne di più, ad esempio, dei fratelli della moglie, partigiani con Tito. Troppo lungo? Ci saremmo persi le mirabili descrizioni dei posti, visti nella loro realtà e mai estetizzati, dei volti, delle espressioni,  delle frequentazioni, in quel lembo di terra macedone, di quei locali pubblici, dove si mangia si beve, si discute nel chiasso e nell'allegria, come succedeva nelle nostre "osterie": luoghi di pulsante di umana socialità. 

Ci saremmo persi il racconto della lenta penetrazione degli ingrati maomettani albanesi. che restituiscono odio alla generosa accoglienza, fino ad occupare il paese con una soverchiante  migrazione e costruendovi pure una dominante moschea.

Senza questa ricchezza non avremmo potuto seguire il padre strappato alla famiglia per mandarlo in una folle guerra, la madre, i compagni soldati, l'arrivo dei soldati tedeschi, le paure, le coraggiose fughe,  il commovente matrimonio, il lungo, attento, affettuoso commovente racconto di Ljubo e, soprattutto non  avremmo potuto goderci la figura eccezionale, indimenticabile della moglie, Eliza,  Una donna vera, i cui forti sentimenti, la cui decisa personalità dominano il racconto. 

Ma non posso certo dire tutto. Acquistate questo libro mirabile e se amate la lettura non sarete delusi.   




lunedì 31 maggio 2021

Foibe e Walkabout Literary Agency.

Non parlate delle foibe e dei loro orrori nei vostri romanzi. Non parlate male dell'editore radical chic Einaudi, dell'ignoranza di pensiero  dei nostri cattedratici professori di filosofia. Le agenzie letterarie anche se apprezzano il vostro romanzo anche se lo lodano , troverebbero solo difetti, inventerebbero solo scuse per scartarvi.

Potrei parlare di tutte le quattro agenzie letterarie che ho contattato, ma per brevità e gravità, mi soffermerò su una: sulle menti fini e colte dell’agenzia Walkabout Literary Agency.

Ma quando ci facciamo la nostra casa editrice? Sono pronto a impegnarmi anche finanziariamente.

Argomento Foibe

 Scrive il bipede letterato (non specifico se maschio o femmina) dall’alto della sua scienza:

Il romanzo si situa tra la cultura americana (che è più dettagliata e consente al lettore di calarsi nell’atmosfera) e quella italiana, che invece rimane più superficiale. La brama di raccontare il cuore dell’America, inoltre, appare troppo esagerata e in alcuni passaggi stereotipata.

A questo tentativo di spostare l’attenzione sull’Italia, rispondono i discorsi intrattenuti sulla cultura italiana. Ne è un esempio il tema delle Foibe, che già fatica a essere motivo di dibattito nella nostra società, ancor di più risulta “fuori luogo” tra personaggi americani, per di più giovani e senza una solida formazione culturale.

Fuori luogo? Purtroppo la cultura italiana e gli italiani allora non parlavano affatto delle Foibe, perché le Foibe non esistevano, non erano esistite, non comparivano né nei libri scolastici né nei dizionari enciclopedici. Per questo motivo l’Italia, gli Italiani non potevano parlare delle Foibe. La Cultura non ne parlava ma si dava da fare per tacere, occultare, deviare, come tenta di fare lei con una vera e autentica censura preventiva. 

Quanti furono gli italiani massacrati nelle Foibe? Chi lo sa. L’Italia civile degli storici marxisti piuttosto di parlarne andavano a raccogliere le margherite, i bucaneve, oppure si dedicavano alla fecondazione artificiale dei coleotteri in Valsugana. E naturale che si sia constatato che delle foibe ai nostri studenti non veniva insegnato nulla e perfino la parola “Foibe”, non comparisse come sta facendo lei con il suo tentativo di censura preventiva.

Ha capito, signora letterata, l’argomento Foibe non compariva! Compariva invece, ad esempio, sul Vocabolario della lingua parlata in Italia, a cura del noto Carlo Salinari, militante del PCI che scriveva 

Dolina con sottosuolo cavernoso. Indica le fosse del Carso nelle quali nella guerra ’40,45, furono gettati i corpi delle “vittime della rappresaglia nazista,” 
Ha capito letterata? “Furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista” Ha capito lemure, che criminale bugia? I nazisti al posto dei comunisti Titini. Non basta! Il Garzanti De Agostiniriedito da “Repubblica” nel 20004, (ha capito “2004”) parla angelicamente di “fenomeno carsico”. Nel 2000 il Devoto Oli parla di:
:“Fossa comune di lotta civile e assassinii politici”

 

mentre Nel dizionario di Paravia del 2000, Tullio De Mauro parla con indecenza di:

 

“Fossa comune per occultare cadaveri vittime di eventi bellici!”

Inutili anche i tentativi di gettare solo sugli slavi le responsabilità. Il viaggio degli esuli, trattati in Italia come lebbrosi, si trasformò in un viaggio della disperazione, insultati dalla ben presente forza partigiana. Inoppugnabile testimonianza che chi li ha perseguitati in questi 70 e più anni furono i partigiani italiani. Nella loro fuga senza fine, tra l’ostilità e il disprezzo in Italia, non c’erano slavi non c’erano Titini ma solo partigiani rossi. 

Massacro slavo etnico e non politico? Ecco quello che ci ricorda uno di quegli esuli, Mario Cappellini di Milano, in una lettera alla Stampa:

“Caro Aldo, il giorno del ricordo delle Foibe, mi dà lo spunto per una riflessione. Quei massacri sono sempre e solo attribuiti ai partigiani comunisti di Tito e nessuno, o quasi, cita mai la collaborazione data ai Titini dai partigiani comunisti italiani. Sono nipote di esuli istriani scappati nel ’45 e ricordo bene i loro racconti. La loro paura maggiore era quella di incontrare i partigiani italiani che erano più crudeli dei titini.

Possibile che dopo più di settant’anni si cerchi ancora di nascondere quello che, ahimè, fa parte della storia?”

Risponde in poche righe il signor Aldo:

“Caro Maurizio, mi associo al suo ricordo e alla condanna per quella pagina nera della storia nazionale.!

Stop? Tutto qui? Lui si associa! Le parole d’ordine della società civile sono diventate “Mi associo” quando non se ne può fare a meno, oppure “auspico, auspichiamo” tutto per mettere una pietra sopra e correre via.

Ha capito radical chic!?

C’è poi alla base dell’assurda critica modello radical chic anche un misconoscimento totale: il romanzo non vuole raccontare la cultura italiana del tempo ma la storia di una famiglia esule, fuggita dall’Italia in America, i cui genitori sono stati assassinati e gettati nelle foibe. Almeno questo è il romanzo che ho scritto. Lei ne ha letto un altro? Papà Giulota in comunicazione con l’Italia, tramite un’associazione esuli, è ben informato della situazione e ne soffre. Al figlio vero e a quello adottivo che si stanno trasferendo in Italia per lavoro, affida la missione di parlare delle Foibe in un paese dove le foibe ancora non esistono.

Nel ’43, faccio notare. i Titini occuparono paesi e processarono la popolazione sospetta di collaborazione con i fascisti. Alcuni furono condannati altri, assolti, tornarono liberi, ma all’approssimarsi delle forze tedesche i nostri baldi Titini non esitarono e buttarono nelle foibe anche quelli che avevano assolto. Ha capito Aquila?! Formazione culturale solida? Solida come gli estensori dei libri di testo e dei dizionari? 

E veniamo all’altra accusa concernente la situazione editoriale in Italia.

Scrive la radical chic:

E così anche il discorso sulle case editrici, sugli editori italiani che si fanno portavoce sulla cultura di destra e di sinistra. Nonostante i dialoghi siano messi in bocca a personaggi italiani, appaiono poco realistici in un romanzo intriso di cultura americana, in cui si sta descrivendo la maturazione e la crescita di “ragazzacci” americani.

I dialoghi non sono “messi in bocca”?. Lei racconta palle. Che libro ha letto? Non certo il mio dove viene raccontato un dialogo fra un funzionario moderato del partito comunista e un impiegato dello stato che detesta l’elite. I due “ragazzacci” americani assistono e tacciono. Riporto i brani incriminati e una biografia letteraria che penso comune a molti italiani, che allora si muovevano tra le pubblicazioni degli editori italiani, tra cui il vostro idolatrato editore Einaudi che alla loro cultura non contribuì affatto. 

E vengo alla editoria e alle sue critiche, riportando i brani incriminati, Interviene funzionario comunista:

- Le librerie sono piene di merda. - stava continuando Rossini - Gli editori vogliono solo i bestseller degli States, le infami storie di avvocati, le favole rosa. Tutta robaccia scritta da illetterati ignoranti, da cani e porci. Per fortuna ci salva Einaudi…

- Lei insiste con i libri Einaudi - gli oppose Petri - e in un certo senso, come torinese, dovrei esserne orgoglioso ma dire che l’editore Einaudi rappresenti la cultura italiana è assolutamente falso. Einaudi rappresenta la cultura di un’élite con la puzza sotto il naso; quella stessa élite salottiera di sinistra che ha cacciato Montanelli dal Corriere della sera.

- Forse ha qualche ragione ma mi chiedo se esista un’altra cultura in Italia. - replicò Rossini.

- Io mi faccio invece un’altra domanda.- riprese animosamente Petri - Che aiuto ho avuto dai libri Einaudi? La mia risposta è semplice: nessuna. Cosa leggeva chi, come me, amava leggere e non aveva i soldi per comprare i salati libri Einaudi? Ebbene la risposta è semplice. Nella mia piccola libreria ho conservato i libri che potevo permettermi e cosa ci trovo? Libri, come I libri del Pavone, editi da Mondadori, libri bmm, libri Bur. Lei forse non li ha mai sentiti neppure nominare ma io sui libri del Pavone ho letto Kormendi, Steinbeck, S. Lewis.

- Nel Pavone c’erano Nobel come Steinbeck con La valle dell’Eden, Hemingway con I Quarantanove Racconti e Per chi suona la campanaEhremburg con Il disgeloCadwell con La via del Tabacco. Era la collana proletaria di Mondadori dedicata ai moderni e contemporanei Una simile collana proletaria, a basso costo, non esisteva da Einaudi.

Era partito in quarta Petri nella sua filippica e non tentava neppure di nascondere, in quella foga sanguigna, la sua profonda ostilità per quel mondo, un’ostilità che però - ormai certi segnali ero in grado di coglierli - non erano diretti contro Rossini ma contro la moglie. Lo coglievo dalle occhiate in tralice anche dalla posizione che, se col viso era rivolto a Rossini, col corpo era piegata scomodamente verso la moglie, suo vero obiettivo: un discorso a nuora perché suocera intenda. 

La moglie non pareva cogliere quei segnali: tranquillamente non guardava tutti con compatimento ma quasi, come se assistesse a una superficiale, immotivata, ostinata serie d’infantili ripicche.

Intanto Petri proseguiva.

- Il Pavone era parente stretto della più aristocratica e blasonata “Medusa” e quei bei libri, dico belli, non solo per il contenuto ma per la rilegatura, perché cuciti e non incollati, per la carta e l’inchiostro, non potevo certo permettermeli.

C’era un’altra collana di Mondadori altrettanto proletaria e altrettanto ricca ed era la bmm. Nella bmm trovavi di tutto. Romanzi, racconti, biografie, poesia, teatro, saggistica. Era una colossale enciclopedia.

C’erano i classici ma anche i moderni e i contemporanei. Mann Stendhal, Pirandello, IbsenShaw, la Deledda, Carlo Levi, Fogazzaro, Verne, D’annunzio; quelli che non trovavo lì, li trovavo nella bur di Rizzoli. Lì trovavi tutto il mondo classico, tutto il settecento, l’ottocento e parte del novecento. Ora, però, stiamo annoiando il nostro amico americano, lui al bar dell’università faceva di sicuro discussioni più interessanti.

Protestai che per me andava bene, che mi stavo ambientando in una cultura vecchia di millenni. Non era una discussione scipita, noiosa ma interessante e con implicazioni politiche evidenti.

 

A questo punto il romanzo vira di nuovo verso l’evento foibe. Perché questo è importante per i due americani che lavorano in Italia?

- Di fatto - dissi - non mi sto annoiando, anche se io stesso non mi stupirei se accadesse. Che mai può interessare a un americano come me una disputa sugli editori italiani? E invece m’interessa perché è, in effetti, una disputa politica che tocca un punto dolente della vita della mia famiglia esule in America perché in fuga dalle foibe dove furono buttati, dai comunisti di Tito, i genitori di Papà Giulota.

L’avevo detto e anche Rossini ammise che il comportamento della sinistra sulle foibe era inesplicabile.

- Inesplicabile è il suo tentativo di seppellire tutto. Chi in questo sa qualcosa sulle foibe tranne il fatto che là sotto ci sono metri cubi di morti ammazzati?

Rossini si disse pronto ad ammettere tutto ma Petri gli replicò che questo tipo impotente di ammissione poteva anche essere considerato un meschino mezzo per eludere l’argomento - Che dovrebbe mai fare, secondo te, uno come Rossini? Mettersi a gridare all’angolo della strada: “Gente, siamo colpevoli di aver tentato di seppellire una nostra colpa?” - interloquì, con leggero sorriso di scherno la moglie, non ostile al marito in sé ma a una certa maniera di parlare adatta ai bar di periferia.

- No - replicò Petri - ma non vedo come la sinistra comunista non debba cominciare a discuterne sul serio. Tutti gli storici che sono di quella parrocchia - e come sembra lo sono quasi tutti - che hanno fatto? Quelli pur di non parlare delle foibe, pur di non parlare di responsabilità, parlano della fecondazione artificiale dei coleotteri. - sghignazzò in maniera volgare.

Nonostante il vigore di Petri, di cui in cuor mio lo ringraziavo, come certo in quel momento stava facendo Quinto, che intervenne con un’osservazione: a Rossini che formulava l’ipotesi di un rapporto tra strage e fascismo degli istriani italiani, lui non rispose, come avrei fatto io che l’essere italiani o fascisti non giustificava una simile strage, a guerra finita, ma semplicemente disse:

- Questo vi posso garantire: che nella famiglia di mio padre non si sentivano fascisti. Non solo non si consideravano fascisti ma neppure Italiani. Si sentivano Veneziani e commercianti. Veneziani e commercianti. - ripeté - Avevano un forno per il pane e lo vendevano a Slavi, Italiani, Veneziani, fascisti e non fascisti, ma si sentivano Veneziani. I loro antenati avevano difeso per secoli quelle terre, combattendo e fortificando le coste. Mai più si aspettavano di essere ammazzati e cacciati dalle terre per le quali i loro antenati erano morti.

- L’Italia era ed è tuttora dominata dagli intellettuali comunisti che negano le foibe, anche se, a denti stretti, devono ammettere l’esistenza di quelle mattanze avvenute, in gran parte, a guerra finita. Loro sostengono che i morti buttati laggiù erano solo fascisti e soldati fascisti, ma questo è assolutamente falso, laggiù c’è di tutto. E lo dico con sicurezza perché mio nonno e mia nonna non erano fascisti. A dire il vero non si sentivano neppure italiani ma veneziani. La loro famiglia abitava in quelle terre dal settecento quando le galee veneziane salvavano l’Europa dai Turchi. I loro antenati avevano eretto bastioni e fortezze che hanno difeso non solo Venezia ma tutta l’Europa dai Turchi. A questo servirono le gigantesche fortificazioni nei porti e nelle città dell’Istria e della Dalmazia. - Dopo questa esibizione, Quinto prese respiro ma riprese subito - I miei antenati avevano un forno per il pane. Mio nonno lavorava tutti i giorni dalle tre del mattino fino al pomeriggio inoltrato, come fa ancora mio zio, che ha una panetteria qui in città. Poi, dopo una passeggiata, si ritirava a dormire. Questo tutti i giorni, domeniche, Pasqua e Natale compresi. Nulla di eccezionale poiché da che mondo è mondo, tutti i panettieri fanno questa vita. La domenica pomeriggio andava a giocare alle bocce. I miei nonni sono stati infoibati entrambi; sapete come facevano quei macellai? Ne legavano fra di loro una decina col fil di ferro e poi spingevano il primo che si trascinava tutti gli altri. Cadevano nel buco per decine di metri e, se non morivano nella caduta, urlavano tutta la notte. – raccontò Quinto con un fervore che non ammetteva dubbi.


Concordo con quanto scritto sopra sull'Editore Einaudi. 

[...] libri di Einaudi non rappresentavano affatto la cultura italiana ma la parte di sinistra e di estrema sinistra. Non a caso, nacque Adelphi, con l’intenzione di offrire al lettore una parte culturale che Einaudi non voleva coprire.

 Gli anni sessanta, per noi che diventavamo adulti, furono una manna anche per l’orgia di dispense culturali a basso prezzo nelle edicole. Parlo delle dispense dei Capolavori nei Secoli, de I maestri del Colore, editi dai Fratelli Fabbri, di quelle geografiche de Il Milione da cui appresi giovanissimo l’esistenza di una storia della musica, io che, ignaro anche della terza rete rai, non avevo mai sentito altro che le nenie dei papaveri, delle papere, dei balli del mattone, delle mamme amatissime, degli alberi infiniti in una stanza, e che pensavo che la musica fosse tutta lì. Dal Milione appresi che esisteva per ogni paese una storia della musica che si unificava, che erano esistiti Monteverdi, Palestrina, Mozart, Paisiello, ecc. Più tardi, negli anni, uscirono nelle edicole i fascicoli di Storia della musica.

Molti pezzi classici come le sinfonie di Beethoven, la sesta di Ciaikovskij, la Sinfonia del nuovo mondo, ecc. o opere come Otello, ecc. erano in vendita alla Standa per la modica e popolare cifra di mille lire a disco. 

Rizzoli e pubblicava i capolavori nella Bur: tutti i capolavori più o meno grandi del passato in edizione economicissima e povera. Accanto alla bur pubblicava anche collane di libri eleganti, cuciti, rilegati. Analogamente Mondadori pubblicava accanto a collane di libri economici (bmm, Pavone), che abbracciavano romanzi moderni, classici, pittura, architettura saggistica, filosofia, l’aristocratica e cara Medusa di scrittori moderni e contemporanei.

L’offerta di cultura a costi popolari era ampia e non proveniva da Einaudi. L’Italia posava mattoni per le abitazioni popolari e meno popolari ma anche mattoni culturali per le tasche proletarie. L’unico problema era l’abbondanza e la necessità, per quei giovani non finanziati dalla ricca e snobistica elite, che non avevano già in casa una biblioteca famigliare perché venivano dalla “Bassa”, che non studiavano l’elitario greco del classico, l’impossibilità di comprare tutto e di dover fare scelte ogni settimana. Ma furono comunque tempi culturalmente folli. I due grandi partiti effettivamente popolari andavano a braccetto con l’abbondante offerta di cultura a prezzi popolari. 

Accanto ai grandi editori interclassisti in grado di accontentare tutti i gusti e tutte le tasche, c’era l’Editore Einaudi, uomo ed editore di sinistra, impegnato nel costruire una supremazia culturale con edizioni ricche, belle e care; non certo per le tasche proletarie. I suoi libri erano tutti cuciti, eleganti, veri arredi per librerie di gente snob, ignorante e non ignorante. Era ovviamente l’editore osannato dalla società civile, dall’elite nobile e radical chic, che disprezzava i grandi editori e ancor più li disprezzò fino all’odio allorché a rilevare una Mondadori in fallimento per le perdite T.V., arrivò l’arcinemico Berlusconi che poi salvò dal fallimento anche Einaudi. Non un merito per la società civile ma un’altra offesa da lavare a tutti i costi.   

L’Einaudi rappresentava la negatività della democrazia italiana, l’immagine della repubblica platonica dell’Espresso e dell’egemonia culturale radical chic.

Non era difficile prevedere che questa aristocratica elite avrebbe ridotto l’Italia e l’Europa al disastro, all’umiliazione delle classi medie, alla rabbia sociale, alla povertà di tutti e alla ricchezza di pochi. Il pensiero unico di sinistra trionfava, il nuovo elitarismo di sinistra trionfava, alimentato da una moltitudine di giornalisti, attori, registi, che vivevano la loro brillante vita a spese dei contribuenti.

Per oggi mi fermo qui ma seguiranno, per la grande  Walkabout Literary Agency altre puntate per svelare altra ignoranza, altra intolleranza, altre incredibili critiche



lunedì 24 maggio 2021

Bombardamenti di Clinton sulle Serbia

 


Bombardamenti di Clinton sulle Serbia

Effetti collaterali.


Effetti collaterali sui ragazzi serbi sotto i bombardamenti della Nato dell'America di Clinton e dell'Italia di Dalema. Un bel omaggio fattomi dalle autrici; un libro in cui sono i ragazzi a parlare e che dovrebbe essere in commercio tanto nelle librerie serbe che italiane. L'Editore non avrebbe neppure la spesa della traduzione già presente nel libro. Per questo anche per questo le ringrazio del dono prezioso. 




" Ancora mi chiedo perché quegli sconosciuti giocavano con noi premendo sulle loro consolle i bottoni della morte come un video gioco. avevano anche loro figli? Perchè si comportavano con noi come se fossimo stati virtuali e non veri bambini?" 


"Dicevano che avrebbero mandato anche l'esercito, per occupare il nostro paese via terra. noi bambini ci trovavamo nel cortile della chiesa e fantasticavamo su come avremmo potuto contribuire alla difesa del nostro paese."


"Dopo un po' la gente cominciò a radunarsi in piazza, scendevamo sulle strade a protestare contro il nemico. indossavano  magliette, cappellini, e spille con la scritta "target", perché tutti eravamo bersagli "invisibili" di aerei altrettanto "invisibili" da cui venivano lanciate bombe ben visibili."

Certo  le descrizione di paura di dolore, dei rifugi toccano maggiormente la nostra anima, ma quelle citate testimoniano un ben vivo senso di giustizia, di orgoglio e la consapevolezza di essere perseguitati da dei "carnefici". Non a caso i bambini parlano di crudeltà del potente verso il debole,  dei forti, ricchi, potenti paesi della nato contro la piccola, povera Serbia. Parole dense, impressionanti, mai ingenue; non solo quelle che ho citato ma tutte. Un avviso, un'accusa al cuore di chi quelle paure, quelle disperazioni le provocò ordinando con indifferenza  le bombe su un popolo verso il quale tutto l'occidente aveva solo debiti.

Ancora un grazie ad entrambe le autrici, con la speranza che il piccolo libro che si legge tutto d'un fiato in una sola notte, diventi disponibile nelle librerie.