Tanti negozi chiudevano; non vendevano l’attività, come era sempre
accaduto, ma liquidavano ciò che potevano e chiudevano. L’incasso della vendita
dell’attività che aveva sempre costituito la loro liquidazione per la vecchiaia,
spariva senza una lira, spesso dopo aver sacrificato gli ultimi risparmi per
mantenere in piedi l’attività, che avevano portato avanti per tutta la vita.
Chiudevano nella disperazione o, peggio, fallivano lasciando altri debiti,
altri insoluti, altre sofferenze per i fornitori. Il destino peggiore capitava
a chi aveva da pochi anni, una decina o meno rilevato un’attività redditizia
non immaginando la via che avrebbe preso per loro l’economia. Altrettanto
succedeva alle piccole e grandi imprese artigiane alle ditte impossibilitate a
far fronte ai prodotti che venivano dagli ex paesi comunisti, dei poveri paesi
orientali, che stavano invadendo coi loro prodotti a basso prezzo il mercato
italiano. Per piccole e grandi unità produttive la via di salvezza era il
trasferimento, la “delocalizzazione” termine nuovo che nascondeva nella sua
complessità di significati, la perdita del lavoro dei dipendenti delle
attività “delocalizzate”
Un destino che si condensava nella mancanza di introiti per
gli autonomi e per i dipendenti che perdevano il lavoro. I più anziani, nei
casi più fortunati, riuscivano ad accedere a una pensione minima, i più
sfortunati a una condizione senza pensione e senza stipendio. Addio alle
speranze di far studiare i figli, addio, spesso, alla possibilità di curarsi e
di far curare i famigliari.
Questa è per difetto la situazione che hanno portato a una
vera macelleria di suicidi di cui le élite si sono guardati bene dal dare il
numero totale. Questo è lo stato di cose che ha distrutto il 25% della nostra
attività manifatturiera, questo lo spettacolo che si è offerto ai cittadini, ai
lavoratori, ai padri di famiglia, ai figli disoccupati, alle famiglie alla
sbando, alla discesa sotto la soglia della povertà.
Il tutto mentre un ministro di sinistra non trovava di
meglio di definire bamboccioni i giovani che restano i famiglia e parlare di
“tasse bellissime”. Non a caso un ministro di sinistra di quella sinistra che,
dopo il colpo di stato Leone, si era rifugiata sotto le ali protettrici
dell’elite dell’Espresso. Questo mentre un presidente della sinistra affidava
il governo a un elitario professorone che lanciava la famigerata riforma della
pensioni, nel completo disinteresse di chi veniva a trovarsi senza lavoro e
senza pensione.
La liberalizzazione dei commerci ha avuto complessivamente
un effetto benefico quale non si era mai visto; il passaggio a un’economia
liberalizzata nel mondo ha redento dalla povertà in Cina, in India, in Vietnam
e in genere in tutti le società dei paesi asiatici che si sono aperti al
commercio mondiale. Quanti? Attendiamo che ce lo dicano ma si parla di numeri
al di sopra dei cinquecento milioni.
Questi paesi si sono arricchiti ma l’effetto sulle economie
occidentali, sui loro cittadini, sulle loro industrie manifatturiere è stato
devastante, mentre gli elitari governi dell’occidente guardavano non solo
impotenti ma pronti a permettere il suicidio di alcuni per salvaguardare il
loro establishment ‹ e le loro élite, quelle che nel disastro non sono state toccate
è hanno continuato ad abbeverarsi ai soldi degli altri cittadini. Elite
mantenute dalle nostre tasche che hanno continuato a riscuotere i loro stipendi
a spese nostre. Parlo dei giornalisti, dei teatranti, delle regioni a statuto
speciale, dei giudici, delle università, della mafia del liceo classico e del
greco, di molti statali e docenti, delle corti delle tivù, del parlamento,
della presidenza della repubblica, della corte costituzionale.
E mentre l’Asia cresceva, sull'Africa e sul medio oriente si
abbatteva l’infame peste dell’Islam guerriero e l’invasione proveniente dall'Africa
povera.
Non era certo difficile, per gli artigiani, per i dipendenti
delle fabbriche, dei negozi che chiudevano o delocalizzavano, individuare i
colpevoli del disastro che era caduto sulle loro teste. Non era difficile certo
per l’Establishment, per le élite che governano, per quelle maledette élite, che
facevano finta di non vedere neppure i suicidi, pronti però a bollare chi protestava di ignoranza, qualunquismo, barbarie, populismo,
sovranismo. In questo erano campioni come sono campioni ancor oggi a proteggere
i loro salotti, i loro giornalisti, i loro saltimbanchi, i loro piffero-suonatori,
i loro direcstar, i loro registar, a spendere i soldi per opere “artistiche”
che potrebbero reperire gratuitamente nell'immondizia.
Quei cittadini danneggiati, quegli operai, quegli impiegati,
quei commercianti, non sono stati difesi.
Abbiamo permesso che
la fabbrica delle caffettiere andasse a costruirle altrove, quando avremmo
dovuto creare un marchio d’invenzione italiana che le conservasse come
patrimonio culturale. Abbiamo permesso che una disgraziata fondazione guidata
da dilettanti mandasse in malore la più antica banca del mondo a Siena, quel
monte dei Paschi, gloria italiana rinascimentale che avrebbe dovuta essere
trattata come il Colosseo, come bene artistico e culturale. Un deficit
culturale che affligge da sempre il nostro establishment e le nostre élite.
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