1 Leggi - capitolo 1 de il Manifesto degli incivili
Il nostro cammino democratico è iniziato sotto il dominio di due partiti
il PCI e la DC, profondamente popolari, circondati da partitini dalla natura
incerta ma certamente aristocratica, elitaria come il partito liberale e il
partito repubblicano, e da due partiti socialisti, forse popolarmente ispirati
ma chiusi dai due colossi.
L’Italia dinamica, forte, entusiasta, liberale dei primi anni, quella che cresceva, che ricostruiva, quella dei piccoli imprenditori, dei piccoli artigiani della nascente, frenetica, infaticabile attività in tutti i campi, con la media e grande industria in forte crescita, correva in parallelo allo stato imprenditore dell’Iri e dell’Eni gestiti con criteri di efficienza, compatibilmente con gli inevitabili legami col mondo politico.
Tutto questo panorama invecchiò di colpo con il fenomeno
della congiuntura. Fenomeno che prese piede dopo il primo centrosinistra, con
la gran novità dei socialisti alleati alla democrazia Cristiana.
Fu una rottura decisa di fiducia fra il mondo
imprenditoriale e il partito interclassista. Una frattura che non potè più
risanarsi dovuta soprattutto a un mastodontico errore di comunicazione. La Democrazia
Cristiana non seppe comunicare alla parte liberale e liberista del paese, alla
classe imprenditoriale che il patto di governo con i socialisti non aveva il
significato di un passo verso il PCI ma, anzi, al contrario, un’alleanza che
strappava un socialismo ancora in parte massimalista all’egemonia culturale del
partito comunista.
A questo si aggiunsero due circostanze che aggravarono il
solco: la fuga dei capitali all’estero e l’occulta presenza di pochi ma attivi
simpatizzanti per il comunismo all’interno della Democrazia Cristiana. La D.C.
non seppe capire coloro che portavano via i capitali per paura, non seppe
rassicurarli ma anzi aderì all’ottusa visione comunista che continuava a
demonizzare la libera iniziativa e gli imprenditori classificandoli senza
appello come padroni, evasori, sfruttatori, ladri. Dall’altra parte il mondo
culturale liberale e imprenditoriale, certamente sopravvalutò la forza
dell’esigua minoranza che nella D. C. mirava veramente a un patto col partito
comunista.
Esisteva certo una forte sinistra DC anzi ne esistevano due
ma entrambe nemiche e concorrenti dell’idea comunista.
Leggi antielite
La presenza dei due partiti autenticamente popolari si fece
sentire con leggi fortemente antielitarie. Non voglio parlare di leggi
economiche come ad esempio quella delle affittanze agrarie, perché il discorso
sarebbe troppo lungo ma di due autentichi colossi come la legge che istituiva
la scuola media unica e la legge che concedeva l’accesso a qualsiasi università
dei diplomati di istituti tecnici, di scuole per geometri e per ragionieri, acceso
in precedenza loro precluso e riservato solo ai liceali.
Meglio non parlare in occasione della realizzazione di
questi due veri colossi antielite dei commenti elitari, diffusi anche fra gli
insegnanti della vecchia scuola media “Che Scuole medie saranno? Senza il
latino senza l’esame di ammissione?”, Un crollo del livello”, “Un baratro”, una
barbarie” “Gli scemi e gli ignoranti al potere!” Peggio ancora per l’altro
provvedimento “Avremo ingegneri, medici, professori che non sanno il greco e il
latino? Che schifo”
Non mi dilungo l’argomento è trattato successivamente e
passo direttamente a brevi accenni sulla fine di questo mondo, giunta in
maniera traumatica con l’affare Leone quando la crisi dei due partiti di massa
autenticamente popolari, la D.C. e il P.C.I fu vorticosamente accelerata da
quel vero colpo di stato che fu la fine della presidenza per dimissioni del
Presidente Leone.
Tutte le democrazie occidentali si sono avviate verso
subdole forme di Repubbliche di Platone dove governano non i cittadini ma i
“saggi”, tutte le democrazie stanno logorandosi per questo motivo e per
l’incapacità di rinnovarsi, di introdurre riforma anche profonde, ma in Italia
il processo dell’ascesa dei movimenti antielite, anti aristocrazia, anti
professoroni, antiegemonie ha preso la rincorsa con gli anni berlusconiani per
poi deflagrare.
Accenno solo
all’evento decisivo, a quella caduta del presidente napoletano e democristiano
Leone dopo un infami e bugiarda campagna ordita in coordinazione tra l’infame
Cederna e il gruppo L’Espresso. Accenno perché lo tratterò in seguito se non
con completezza, con un certo rilievo.
Aggiungo soltanto che quel grande e autentico partito
popolare che era il partito comunista, un partito che aveva sempre respinto con
disprezzo i maldestri tentativi elitari pronti a guidarlo culturalmente, come
quello del Partito d’Azione e quello del gruppo del Manifesto, vide nel potere
mediatico del gruppo l’Espresso Repubblica, non ingabbiato in un partito,
l’attore ideale per essere accompagnato nel gioco democratico. L’accettò pur
nella coscienza della perdita della sua caratteristica popolare, l’accettò come
inevitabile prezzo da pagare per non uscire dalla storia. Il matrimonio
impossibile si fece e diede i suoi frutti.
Le traversie del vecchio PCI, i cambi di nome e di
composizione i suoi successivi patti col diavolo aristocratico, sono davanti
agli occhi di tutti.
A liquidare poi da Democrazia Cristiana, logorata dal
potere, infiltrata dalle esose elite, combattuta dall’aristocrazia snob che
prese in tutto il mondo il nome di Radical chic e di società civile, ci pensò
la magistratura. Come La monaca di Monza Egidio, il nuovo Pd, le parlò e La
sciagurata rispose. Rispose perché anch’essa, incontrollato potere, che
aspirava ad altro potere, che poteva approfittare di una costituzione, in
alcuni punti, addirittura demenziale. Rispose e la nostra risposta di contrasto
dovrebbe essere proprio il movimento “E LA SCIAGURATA RISPOSE”
Poche parole per l'Oggi. Oggi con Salvini si
sta ripetendo lo schema giudiziario già messo in campo con Berlusconi con il
famoso avviso di garanzia partito da Milano, che diceva “Pregiata società
civile con questo atto vi abbiamo informato che le procure sono con voi. Ora
scatenatevi e state tranquilli: siamo con voi.
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