lunedì 18 novembre 2019

POL Censura al salone del libro


Potete dire quel che volete ma al salone dei libri c’è stata CENSURA!
Dallo squallido Chiampa detto Rino che ha rovinato Torino ce lo aspettavamo ma da un sindaco (o sindaca) cinquestelle, no.
Forse la sindaca non ha pensato di offendere tutti gli infoibati, tutti gli esuli dall’Istria e della Dalmazia, che trattati come cacca in Italia, alla disperata ricerca di un posto dove abitare, dopo aver perso tutto, hanno ritrovato gli stessi fazzoletti rossi che indossavano i comunisti Titini che avevano infoibato i loro cari. Avevano dovuto abbandonare tutto ciò che apparteneva a loro, ai loro avi, ai loro lontanissimi avi che, come veneziani, avevano fortificato e protetto quelle terre dalle scorribande turche. Senza quella cultura – ripeto – cultura, da sempre presente al salone del libro, la cupola di sinistra, oggi società civile, avrebbe cancellato ogni ricordo del massacro.
Massacro slavo etnico e non politico? Ecco quello che ci ricorda uno di quegli esuli, Mario Cappellini di Milano, in una lettera alla Stampa:
“Caro Aldo, il giorno del ricordo delle Foibe, mi dà lo spunto per una riflessione. Quei massacri sono sempre e solo attribuiti ai partigiani comunisti di Tito e nessuno, o quasi, cita mai la collaborazione data ai Titini dai partigiani comunisti italiani. Sono nipote di esuli istriani scappati nel ’45 e ricordo bene i loro racconti. La loro paura maggiore era quella di incontrare i partigiani italiani che erano più crudeli dei titini.
Possibile che dopo più di settant'anni si cerchi ancora di nascondere quello che, ahimè, fa parte della storia?”
Risponde in poche righe questo signor Aldo:
Caro Maurizio, mi associo al suo ricordo e alla condanna per quella pagina nera della storia nazionale.!
Stop tutto qui. Lui si associa! Le parole d’ordine della società civile sono diventate “Mi associo” quando non se ne può fare a meno, oppure “auspico, auspichiamo” tutto per mettere una pietra sopra e correre via.

Nei libri adottati nelle scuole l’evento foibe non esisteva. Nel vocabolario del comunista Salinari le Foibe erano ricordate come doline, fosse profonde nelle quali nella guerra 40- 45 furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista. (Incredibile! La falsità: Vittime della rappresagli a nazista!”). Nel dizionario Garzanti Utet- De Agostini (2004) non se ne parla, nel Devoto Oli (2000) si parla solo di vittime di lotte civili e assassini politici. Nel dizionario di Paravia (2000) si parla di fossa comune per occultare cadaveri di vittime di eventi bellici.
Ecco lo spettacolo che si aprirebbe ai nostri occhi se non ci fossero state quelle culture, quei libri ribelli, quelle case editrici.
Gianni Oliva, l’illustre storico Gianni Oliva, Ha scritto Foibe con sottotitolo Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria ma che senso ha un libro scritto e stampato nel 2006 più di sessant’anni dopo quegli eventi e scritto, forse, solo per ridurre e stabilizzare a diecimila il numero delle vittime?
Povero cattedratico e professorone, germinato da quella corrotta corte papalina o imperiale che sono le nostre università! Che ci poteva fare lui, povera anima, se non c’erano più fonti? Che ci potevano fare lui e i suoi colleghi che, al posto di intervistare gli esuli, per sessantanni avevano preferito raccogliere margherite o studiare la fecondazione artificiale dei coleotteri?

Complimenti, sindaca, ancora complimenti. Ancora un oltraggio agli esuli, agli infoibati! Ci vuole coraggio per mettersi al riparo sotto la cupola culturale della sinistra, dei potenti, delle elite, dei vincitori! E quei rompiscatole delle Foibe, quei morti fastidiosi continuino a starsene, nelle loro buche buie e silenziose. E quei quasi trecentomila che girarono l’Italia tra gli insulti, per trovare un posto dove abitare, si accontentino di essersi salvati. Ai poveretti a Bologna fu anche negata l’acqua.
Avete censurato. Complimenti! Avete usato i panzer per colpire una zanzara.
Ma quando noi non fascisti, non razzisti ma ferocemente antielite, anti cupola culturale di sinistra ci faremo la nostra casa editrice?
Ripeto, instancabile, un appello. Chi possiede la cultura possiede la società. Chi è fuori della cultura viene ostacolato, non pubblicato. Uniamoci e Facciamo una nostra casa editrice, un nostro giornale culturale, produciamo un nostro canale televisivo. Senza una salda posizione culturale tutti gli exploit sono destinati a sgonfiarsi. Dotiamoci di questa base unendo le nostre forze in questo progetto. Scrivete a esaiae07@gmail.com e date la vostra disponibilità e la vostra adesione.

Nessun commento:

Posta un commento