In un suo ’articolo del 1932 (Uberwindung der Metaphysik durk logische Analyse der Sprache) Carnap polemizza contro la metafisica e contro quei termini che. non avendo alcun riferimento empirico o riconducibile, assumono significato metafisico. Nell’articolo il bersaglio polemico è soprattutto l’uso del termine ‘nulla’ in Heidegger di cui Carnap cita un passo tratto dal saggio [i] C'os’è la metafisica? del 1929: «indagato dev’essere l’ente soltanto e – null’altro; l’ente solamente e inoltre – nulla; l’ente unicamente oltre a ciò - nulla. Come sta la cosa con questo nulla? … esiste il nulla solo perché c’è il Non, ossia
La
conclusione di Carnap, dopo attenta disamina di espressioni contenenti il
termine ‘nulla’, è che alcune
proposizioni possono essere tradotte in equivalenti in cui il termine ‘nulla’
non compare mentre altre sono irrimediabilmente prive di senso o dotate di quel
senso metafisico che le rende insensate o addirittura contraddittorie. A questo
punto Carnap ricorda come la circostanza non sia affatto ignorata da Heidegger
il cui commento, riportato da Carnap, è il seguente « “Domanda e risposta riguardanti il Nulla sono allo stesso modo, assurde
[…] La regola solitamente addotta, il principio di contraddizione esclusa, la
logica in generale, sopprime questa domanda” Tanto peggio per la logica! Noi dobbiamo rovesciare la sua egemonia: se
infirma il potere dell’intelletto nel campo delle questioni circa il Nulla e
l’Essere, allora si decide con ciò anche il destino dell’egemonia della
‘logica’ all’interno della filosofia. La stessa idea della ‘logica’ si dissolve
nel vortice di un interrogativo più originario” per poi concludere che il non senso
metafisico sia un surrogato dell’arte.»[iii]
Lo
stretto rapporti tra arte e filosofia è, secondo Carnap, confermata dal fatto
che «proprio il metafisico dal più forte temperamento
artistico che forse ci sia mai nato, cioè Nietzsche, ha commesso meno di tutti
l’errore di questa commistione. […] Tuttavia nell’opera in cui egli esprime con
la massima efficacia ciò che altri dicono per mezzo della metafisica o
dell’etica, ossia in “Così parlò Zarathustra”, non sceglie l’equivoca forma
teoretica, ma si decide apertamente per la forma dell’arte, la poesia.».[iv]
Nel
P.S. Carnap annota che anche Hilbert nella conferenza Die Grundlegung der elementaren Zahlenlehre del 1930 così si
espresse: «In una recente conferenza filosofica trovo
questa proposizione; “Il nulla è la pura e semplice negazione della totalità
dell’ente.” Questa proposizione è
istruttiva per il fatto che, a dispetto della sua brevità, esemplifica tutte le
principali violazioni che si possono commettere nei confronti di principi
stabiliti dalla mia teoria assiomatica».
Carnap parla di
parole metafisiche senza significato, io preferisco parlare di termini ’Vaghi’. termini
sconcertanti e soprattutto in sospetto di metafisica. Un sospetto grave almeno
da quando Kant, inaugurando
Il problema dell’identificazione
del senso diventa nel secolo scorso un problema vivo in riferimento alle
parole, ai concetti e alle teorie. Tanto più vivo quanto più si cerca di
cercare di specificare il senso di quei termini ‘vaghi’ per i quali non si
riesce a dare definizione esplicita ma ci si deve accontentare di un discorso
di contesto.
.
La questione delle definizioni dei termini “vaghi” sembra anche
distinguere gli “Analitici” dai “Continentali”.
Secondo i primi le definizioni deve essere esplicite mentre per i
continentali è ovvia l’accettazione di definizioni contestuali. Il Continentale
in genere usa termini come ‘Essere’ e ‘Nulla’ senza porsi eccessive domande di
senso o definizione, procedendo sicuro che sarà la discussione a dare un senso,
non tanto alla parola, quanto al discorso complessivo. Al contrario l’Analitico
cercherà sempre una definizione esplicita o almeno parzialmente esplicitabile.
Tale definizione deve aggregare (secondo regole di una grammatica condivisa) termini
di cui sia noto il senso. Siamo in sostanza alle prese con la logica del
dizionario dove l’interdefinizione è obbligatoriamente circolare e dove, per
uscire dalla circolarità, si deve approdare a un sistema di termini
indefiniti primitivi o a contesti extralinguistici.
Non avviene dunque a caso che i Continentali approdino spesso a
filosofie avverse a ogni tipo di fondamento e che gli Analitici si affidino
all’assiomatica, a termini primitivi e, nel caso del neopositivismo, a regole
di formazione e trasformazione di “protocolli”
empirici, Non avviene dunque a caso che i continentali approdino spesso a
filosofie avverse a ogni tipo di fondamento e che gli Analitici si affidino
all’assiomatica, a termini primitivi e, nel caso del neopositivismo, a regole
di formazione e trasformazione di e su protocolli empirici, generando
spesso infernali meccanismi di
proliferazione il cui meccanismo è il seguente: Si costruisce una teoria sul mondo e ci si chiede se è vera; per
rispondere a questa domanda bisogna, però, sapere cosa si intende per "verità"
e quindi avere una teoria a questo riguardo. In tal modo avremo non più una
sola teoria, ma due ed entrambe dovranno, essere giustificate da altre teorie e
queste, a loro volta da altre. In fondo la teoria di Tarski produce questo
meccanismo; costruisce una semantica per il concetto di "verità" e
ottiene come risultato una gerarchia senza fine di linguaggi, ciascuno con il
suo concetto di verità. Ognuna di questa verità verrà definita, sempre, nel
linguaggio di ordine superiore. Questo è il meccanismo gerarchico che genera mostri come le
antinomie, le cause incausate, i motori immobili.
A questo punto, però, il dilemma non sta nell’accettare condanne di inquinamento metafisico o, in alternativa, il modo di procedere “continentale”, ma, constatando come quest’ultimo mostri un’organizzazione interna a feedback con caratteri di circolarità, nell’inaugurare uno studio della logica circolare, dove la cibernetica, che, per la sua struttura, non genera antinomie o cause incausate, può molto aiutare.
Ezio Saia
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