venerdì 29 novembre 2019

4 Sovranismo Capitolo 4 de Il manifesto degli incivili

La superficialità di pensiero delle spadroneggianti élite hanno coniato il termine "sovranismo" accoppiato a termini irridenti e squalificanti come barbarie, populismo ecc. Come hanno potuto, davanti allo sfacelo che dal duemila con la successione dell’abbattimento delle torri gemelle, con la bolla della New economy e infine con la crisi dei sub-prime che hanno portato alla rovina imprese coi loro lavoratori, negozianti, artigiani, non riuscire ad altro che tacciare di populismo e sovranismo i tanti rovinati dalla crisi? Quelle crisi agivano su un tessuto economico fortemente inquinato, ferito, infragilito, profondamente infetto dalla mondializzazione, dalla libera circolazione delle merci fra stati con enormi differenze nei costi della produzione.
Tanti negozi chiudevano; non vendevano l’attività, come era sempre accaduto, ma liquidavano ciò che potevano e chiudevano. L’incasso della vendita dell’attività che aveva sempre costituito la loro liquidazione per la vecchiaia, spariva senza una lira, spesso dopo aver sacrificato gli ultimi risparmi per mantenere in piedi l’attività, che avevano portato avanti per tutta la vita. Chiudevano nella disperazione o, peggio, fallivano lasciando altri debiti, altri insoluti, altre sofferenze per i fornitori. Il destino peggiore capitava a chi aveva da pochi anni, una decina o meno rilevato un’attività redditizia non immaginando la via che avrebbe preso per loro l’economia. Altrettanto succedeva alle piccole e grandi imprese artigiane alle ditte impossibilitate a far fronte ai prodotti che venivano dagli ex paesi comunisti, dei poveri paesi orientali, che stavano invadendo coi loro prodotti a basso prezzo il mercato italiano. Per piccole e grandi unità produttive la via di salvezza era il trasferimento, la “delocalizzazione” termine nuovo che nascondeva nella sua complessità di significati, la perdita del lavoro dei dipendenti delle attività “delocalizzate”
Un destino che si condensava nella mancanza di introiti per gli autonomi e per i dipendenti che perdevano il lavoro. I più anziani, nei casi più fortunati, riuscivano ad accedere a una pensione minima, i più sfortunati a una condizione senza pensione e senza stipendio. Addio alle speranze di far studiare i figli, addio, spesso, alla possibilità di curarsi e di far curare i famigliari.
Questa è per difetto la situazione che hanno portato a una vera macelleria di suicidi di cui le élite si sono guardati bene dal dare il numero totale. Questo è lo stato di cose che ha distrutto il 25% della nostra attività manifatturiera, questo lo spettacolo che si è offerto ai cittadini, ai lavoratori, ai padri di famiglia, ai figli disoccupati, alle famiglie alla sbando, alla discesa sotto la soglia della povertà.
Il tutto mentre un ministro di sinistra non trovava di meglio di definire bamboccioni i giovani che restano i famiglia e parlare di “tasse bellissime”. Non a caso un ministro di sinistra di quella sinistra che, dopo il colpo di stato Leone, si era rifugiata sotto le ali protettrici dell’elite dell’Espresso. Questo mentre un presidente della sinistra affidava il governo a un elitario professorone che lanciava la famigerata riforma della pensioni, nel completo disinteresse di chi veniva a trovarsi senza lavoro e senza pensione.

La liberalizzazione dei commerci ha avuto complessivamente un effetto benefico quale non si era mai visto; il passaggio a un’economia liberalizzata nel mondo ha redento dalla povertà in Cina, in India, in Vietnam e in genere in tutti le società dei paesi asiatici che si sono aperti al commercio mondiale. Quanti? Attendiamo che ce lo dicano ma si parla di numeri al di sopra dei cinquecento milioni.
Questi paesi si sono arricchiti ma l’effetto sulle economie occidentali, sui loro cittadini, sulle loro industrie manifatturiere è stato devastante, mentre gli elitari governi dell’occidente guardavano non solo impotenti ma pronti a permettere il suicidio di alcuni per salvaguardare il loro establishment ‹ e le loro élite, quelle che nel disastro non sono state toccate è hanno continuato ad abbeverarsi ai soldi degli altri cittadini. Elite mantenute dalle nostre tasche che hanno continuato a riscuotere i loro stipendi a spese nostre. Parlo dei giornalisti, dei teatranti, delle regioni a statuto speciale, dei giudici, delle università, della mafia del liceo classico e del greco, di molti statali e docenti, delle corti delle tivù, del parlamento, della presidenza della repubblica, della corte costituzionale.  
E mentre l’Asia cresceva, sull'Africa e sul medio oriente si abbatteva l’infame peste dell’Islam guerriero e l’invasione proveniente dall'Africa povera.

Non era certo difficile, per gli artigiani, per i dipendenti delle fabbriche, dei negozi che chiudevano o delocalizzavano, individuare i colpevoli del disastro che era caduto sulle loro teste. Non era difficile certo per l’Establishment, per le élite che governano, per quelle maledette élite, che facevano finta di non vedere neppure i suicidi, pronti però a bollare chi protestava di ignoranza, qualunquismo, barbarie, populismo, sovranismo. In questo erano campioni come sono campioni ancor oggi a proteggere i loro salotti, i loro giornalisti, i loro saltimbanchi, i loro piffero-suonatori, i loro direcstar, i loro registar, a spendere i soldi per opere “artistiche” che potrebbero reperire gratuitamente nell'immondizia.
Quei cittadini danneggiati, quegli operai, quegli impiegati, quei commercianti, non sono stati difesi.
Abbiamo permesso  che la fabbrica delle caffettiere andasse a costruirle altrove, quando avremmo dovuto creare un marchio d’invenzione italiana che le conservasse come patrimonio culturale. Abbiamo permesso che una disgraziata fondazione guidata da dilettanti mandasse in malore la più antica banca del mondo a Siena, quel monte dei Paschi, gloria italiana rinascimentale che avrebbe dovuta essere trattata come il Colosseo, come bene artistico e culturale. Un deficit culturale che affligge da sempre il nostro establishment e le nostre élite.  

lunedì 25 novembre 2019

POL Ancora la signora del Io o loro


POL. Ancora la signora del Io o loro


Non è possibile che lei, Signora, non sappia che tra gli individui che l’hanno sostenuta nel suo aut aut, ci sono attivi i nuovi odiatori degli ebrei, che si nascondono sotto la foglia di fico della politica dello Stato d’Israele.
Nei secoli gli odiatori degli ebrei si sono nascosti sotto tutte le motivazioni possibili: da quella di deicidi, a quella di ladri di bambini, da quella di complottasti mondiali a quella di avidi strozzini senza pietà.
Oggi la foglia di fico è la politica di Israele. Possibile che lei non sappia che molti fra coloro che l’hanno sostenuta giudicano lo stato d’Israele come il nuovo nazismo e, conseguentemente, sostengono i palestinesi, di ogni parte e di ogni colore, anche i fanatici di Hamas, anche gli assassini del nuovo califfato. Una vera delega alla distruzione d’Israele a tutti i costi. Israele non ha mai attaccato nessuno, tutte le iniziative di Guerra sono giunte dai palestinesi e dai loro amici maomettani.
Quando dopo la prima guerra di sterminio dopo il pronunciamento dell’Onu, molti palestinesi furono cacciati dalle loro terre, si alzò la voce dei razzisti della società civile, nessuno di loro recriminò che da tempo, in tutti gli stati arabo musulmani, gli ebrei già venivano cacciati, derubandoli dei loro beni e che, dopo l’evento Onu, per gli ebrei residenti, non vi fu più scampo e tutti furono cacciati. Quella sì, che fu una vera campagna di stampo razzista. E gli insulti alla brigata ebraica? E la condanna del papa e dei cattolici al muro che impediva ai palestinesi di entrare ad ammazzare gli Israeliani? Quando Israele sarà in pericolo, e io e lei saremo morti, sarà chi la pensa come me a correre in aiuto agli ebrei, mentre dall’altra parte ci sarà tutta la sinistra filo palestinese, che lei ha aiutato nell'odioso atto di censura.

venerdì 22 novembre 2019

POL L'aut aut della signora ebrea scampata alla morte. O me o loro. Atto di superbia?



Forse la signora ebrea scampata ai campi di concentramento prima di dire “Io o Loro”, avrebbe dovuto pensare che, oltre alle sofferenze sue e degli ebrei nei campi di sterminio, ne esistono e ne sono esistite altre. Altre per anni misconosciute addirittura irrise. Avrebbe dovuto ricordare che anche altri, gli italiani di Istria e Dalmazia, sono stati sterminati e poi costretti a fuggire lasciando casa, ambiente e terre. Forse avrebbe dovuto ricordare quei metri cubi di cadaveri che i vincitori volevano cancellare a tutti i costi e che solo grazie ai “vinti”, quei vinti che lei voleva cacciare, oggi ne abbiamo memoria. Una memoria purtroppo ancora combattuta, controversa, di morti e di reduci che ancor oggi viene insultata dai seguaci italici di Pol Pot.
O io o loro. Il che, per molti di noi, è come dire o io o le foibe. Senza di loro e di quelli come loro le Foibe sarebbero sparite. Il mondo è pieno di memorie che le varie società civili dei vincitori cercano di azzerare.
Ma anche gli assassini delle Foibe hanno memorie di dolore che dobbiamo onorare anche se offesi dalle foibe. Quando i Turchi arrivarono e li soggiogarono nonostante la loro accanita disperata difesa, dovettero subire la dominazioni turca, ottomana, maomettana. Una dominazione feroce, bestiale a cui mai si arresero e che continuarono a combattere.
 Ad aiutare gli invasori, a inseguire i resistenti slavi, a combatterli, a interrogarli, a torturarli c’erano anche i convertiti, i traditori per paura, per perversa fame di dominio, perseguita fino ad abbracciare la fede di Maometto.
Ivo Andric, il premio Nobel Ivo Andric, nel suo romanzo Il ponte sulla Drina racconta la lunga, interminabile, sovrumana sofferenza di una pubblica impalazione di un ribelle. Allora, impotenti, gli slavi invasi, uccisi, soggiogati, torturati non poterono altro che tramandare il ricordo di quelle atrocità. Per generazioni ai figli, ai figli dei loro figli, raccomandarono di ricordare e di attendere il giorno della vendetta.
E il giorno arrivò: molti giorni che culminarono con il massacro a freddo di Srebrenica che l’Onu fece finta di non vedere. 
Altre sofferenze signora; e non si pensi che sia finita così. Già il Kosovo, dove sono i santuari dei serbi brucia sotto le ceneri. Quei santuari ricordano i luoghi dove l’esercito servo s’immolò per fermare gli invasori maomettani. Persero tutte quelle battaglie ma le ricordano come vittorie per il grande disperato coraggio con cui i loro soldati, morendo, le combatterono. E oggi proprio là, dove i loro antenati morirono per fermarli, i discendenti dei traditori hanno un loro stato maomettano. Tutto ciò dopo gli infami, impietosi, bombardamenti della Nato, anche sulla capitale serba, ad opera non dell’Onu ma di una combriccola amorale capitanata da Clinton. Si sono così creati i presupposti di nuove pericolose tensioni. Altri morti, altri dolori signora! Un’altra Gerusalemme, un'altra Istanbul-Costantinopoli. Altra rabbia alle soglie di una Turchia dove, ad opera dei giovani turchi, dei laici giovani turchi, saliti al potere, avvenne lo sterminio indiscriminato di armeni e di greci, quell'infamia e ancor oggi non viene riconosciuta dai turchi e dallo stato turco.
Non dobbiamo permettere che un editore pubblichi le ragioni delle vittime o quelle dei carnefici? Dobbiamo fare come lei “O me o loro”, anche se siamo in democrazia?
Forse sono serbi o comunque slavi gli assassini delle foibe ma non dobbiamo permettere che espongano le loro ragioni? Morti, sofferenza, racconti, Signora, ma MAI “O loro o noi”, anche se gli eventi connessi agli assassini delle Foibe prima e il loro esodo nell’Italia partigiana, che li insultava, che insultava i loro morti, il loro dolore, seguiti dal tentativo della nostra sinistra di tacere, occultare, incolpare, mi ha segnato con una ferita che è durata tutta la vita. Vedo i loro dolori i loro carnefici ma anche i dolori dei carnefici. Dolore, dolore, dolore.
Sofferenze morti, signora, tante in tutto il mondo anche in Israele che considero terra degli ebrei Possibile che le case editrici di destra siano sempre state presenti al salone e all’improvviso ci si ricordi dell’antifascismo? Non le viene il sospetto signora che questi censori abbiano usato lei e l’antifascismo per censurare Salvini?  FORSE SI’ ma FORSE era proprio questo che lei voleva.


Lancio un appello facciamola una bella casa editrice contro la repubblica di Platone in cui s’è trasformata la democrazia italiana, contro le elite, e venga pure l’accusa di barbarie, di qualunquismo, di Fascismo, di sovranismo, di populismo.

   

lunedì 18 novembre 2019

POL Censura al salone del libro


Potete dire quel che volete ma al salone dei libri c’è stata CENSURA!
Dallo squallido Chiampa detto Rino che ha rovinato Torino ce lo aspettavamo ma da un sindaco (o sindaca) cinquestelle, no.
Forse la sindaca non ha pensato di offendere tutti gli infoibati, tutti gli esuli dall’Istria e della Dalmazia, che trattati come cacca in Italia, alla disperata ricerca di un posto dove abitare, dopo aver perso tutto, hanno ritrovato gli stessi fazzoletti rossi che indossavano i comunisti Titini che avevano infoibato i loro cari. Avevano dovuto abbandonare tutto ciò che apparteneva a loro, ai loro avi, ai loro lontanissimi avi che, come veneziani, avevano fortificato e protetto quelle terre dalle scorribande turche. Senza quella cultura – ripeto – cultura, da sempre presente al salone del libro, la cupola di sinistra, oggi società civile, avrebbe cancellato ogni ricordo del massacro.
Massacro slavo etnico e non politico? Ecco quello che ci ricorda uno di quegli esuli, Mario Cappellini di Milano, in una lettera alla Stampa:
“Caro Aldo, il giorno del ricordo delle Foibe, mi dà lo spunto per una riflessione. Quei massacri sono sempre e solo attribuiti ai partigiani comunisti di Tito e nessuno, o quasi, cita mai la collaborazione data ai Titini dai partigiani comunisti italiani. Sono nipote di esuli istriani scappati nel ’45 e ricordo bene i loro racconti. La loro paura maggiore era quella di incontrare i partigiani italiani che erano più crudeli dei titini.
Possibile che dopo più di settant'anni si cerchi ancora di nascondere quello che, ahimè, fa parte della storia?”
Risponde in poche righe questo signor Aldo:
Caro Maurizio, mi associo al suo ricordo e alla condanna per quella pagina nera della storia nazionale.!
Stop tutto qui. Lui si associa! Le parole d’ordine della società civile sono diventate “Mi associo” quando non se ne può fare a meno, oppure “auspico, auspichiamo” tutto per mettere una pietra sopra e correre via.

Nei libri adottati nelle scuole l’evento foibe non esisteva. Nel vocabolario del comunista Salinari le Foibe erano ricordate come doline, fosse profonde nelle quali nella guerra 40- 45 furono gettati i corpi delle vittime della rappresaglia nazista. (Incredibile! La falsità: Vittime della rappresagli a nazista!”). Nel dizionario Garzanti Utet- De Agostini (2004) non se ne parla, nel Devoto Oli (2000) si parla solo di vittime di lotte civili e assassini politici. Nel dizionario di Paravia (2000) si parla di fossa comune per occultare cadaveri di vittime di eventi bellici.
Ecco lo spettacolo che si aprirebbe ai nostri occhi se non ci fossero state quelle culture, quei libri ribelli, quelle case editrici.
Gianni Oliva, l’illustre storico Gianni Oliva, Ha scritto Foibe con sottotitolo Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell’Istria ma che senso ha un libro scritto e stampato nel 2006 più di sessant’anni dopo quegli eventi e scritto, forse, solo per ridurre e stabilizzare a diecimila il numero delle vittime?
Povero cattedratico e professorone, germinato da quella corrotta corte papalina o imperiale che sono le nostre università! Che ci poteva fare lui, povera anima, se non c’erano più fonti? Che ci potevano fare lui e i suoi colleghi che, al posto di intervistare gli esuli, per sessantanni avevano preferito raccogliere margherite o studiare la fecondazione artificiale dei coleotteri?

Complimenti, sindaca, ancora complimenti. Ancora un oltraggio agli esuli, agli infoibati! Ci vuole coraggio per mettersi al riparo sotto la cupola culturale della sinistra, dei potenti, delle elite, dei vincitori! E quei rompiscatole delle Foibe, quei morti fastidiosi continuino a starsene, nelle loro buche buie e silenziose. E quei quasi trecentomila che girarono l’Italia tra gli insulti, per trovare un posto dove abitare, si accontentino di essersi salvati. Ai poveretti a Bologna fu anche negata l’acqua.
Avete censurato. Complimenti! Avete usato i panzer per colpire una zanzara.
Ma quando noi non fascisti, non razzisti ma ferocemente antielite, anti cupola culturale di sinistra ci faremo la nostra casa editrice?
Ripeto, instancabile, un appello. Chi possiede la cultura possiede la società. Chi è fuori della cultura viene ostacolato, non pubblicato. Uniamoci e Facciamo una nostra casa editrice, un nostro giornale culturale, produciamo un nostro canale televisivo. Senza una salda posizione culturale tutti gli exploit sono destinati a sgonfiarsi. Dotiamoci di questa base unendo le nostre forze in questo progetto. Scrivete a esaiae07@gmail.com e date la vostra disponibilità e la vostra adesione.

sabato 16 novembre 2019

2 Cultura popolare - Capitolo 2 de Il Manifesto degli incivili



La cultura popolare - Capitolo 2 del Il Manifesto degli incivili

Gli anni sessanta, per noi che diventavamo adulti, furono una manna anche per l’orgia di dispense culturali a basso prezzo nelle edicole. Parlo delle dispense dei Capolavori nei Secoli, de I maestri del Colore, editi dai Fratelli Fabbri, di quelle geografiche de Il Milione da cui appresi giovanissimo l’esistenza di una storia della musica. Io che, ignaro anche della terza rete RAI, non avevo mai sentito altro che le nenie dei papaveri, delle papere, dei balli del mattone, delle mamme amatissime, degli alberi infiniti in una stanza, e che pensavo che la musica fosse tutta lì! Dal Milione appresi che esisteva per ogni paese una storia della musica che si unificava, che erano esistiti Monteverdi, Palestrina, Mozart, Paisiello, ecc. Più tardi, negli anni, uscirono nelle edicole i fascicoli di Storia della musica.
 Molti pezzi classici come le sinfonie di Beethoven, la sesta di Ciaikovskij, la Sinfonia del nuovo mondo, ecc. o opere come Otello, ecc. erano in vendita alla Standa per la modica e popolare cifra di mille lire a disco. Rizzoli e pubblicava i capolavori nella Bur: tutti i capolavori più o meno grandi del passato in edizione economicissima e povera. Accanto alla bur pubblicava anche collane di libri eleganti, cuciti, rilegati. Analogamente Mondadori pubblicava, accanto a collane di libri economici (bmm e Pavone), che abbracciavano romanzi moderni, classici, pittura, architettura saggistica, filosofia, l’aristocratica e cara Medusa di scrittori moderni e contemporanei.
L’offerta di cultura a costi popolari era ampia. L’Italia posava mattoni per le abitazioni popolari e meno popolari ma anche mattoni culturali per le tasche proletarie. L’unico problema era l’abbondanza e la necessità per i giovani non finanziati dalla ricca e snob elite famigliare, era l’impossibilità di comprare tutto e di dover fare scelte ogni settimana. Ma furono comunque tempi culturalmente folli. I due grandi partiti effettivamente popolari andavano a braccetto con l’abbondante offerta di cultura a prezzi popolari.  
Accanto ai grandi editori interclassisti in grado di accontentare tutti i gusti e tutte le tasche, c’era l’Editore Einaudi, uomo ed editore di sinistra, impegnato nel costruire una supremazia culturale con edizioni ricche, belle e care non certo per le tasche proletarie. I suoi erano tutti cuciti eleganti, veri arredi per librerie di gente snob, ignorante e non ignorante. Era ovviamente l’editore osannato dalla società civile, dall’elite nobile e radical chic, che disprezzava i grandi editori e ancor più li disprezzò fino all’odio, allorché a rilevare una Mondadori in fallimento per le perdite T.V., arrivò l’arcinemico Berlusconi, che poi salvò dal fallimento anche Einaudi. Un salvataggio che non costituì un merito per la società civile ma un’altra offesa da lavare a tutti i costi.   
L’Einaudi rappresentava la negatività della democrazia italiana, l’immagine della repubblica platonica dell’Espresso e dell’egemonia culturale radical chic.
Non era difficile prevedere che questa aristocratica elite avrebbe ridotto l’Italia e l’Europa al disastro, all’umiliazione delle classi medie, alla rabbia sociale, alla povertà di tutti e alla ricchezza di pochi. Il pensiero unico di sinistra trionfava, il nuovo elitarismo di sinistra trionfava, alimentato da una moltitudine di giornalisti, attori, registi, che vivevano la loro brillante vita a spese dei contribuenti. Ma perché io dovrei pagare il biglietto d’ingresso a chi va all’opera o a teatro? Lo chiediamo in questo Manifesto. Perché? Per consentire a pochi privilegiati di pasteggiare ad aragoste e Champagne? Per consentire ad attori, cantanti, saltimbanchi di riscuotere uno stipendio che non guadagnano? Per aggiungere ai parassiti sempre nuovi parassiti?
La parola d’ordine deve essere abbattere le elite, cacciare i parassiti, chiudere gran parte dei teatri lirici, chiudere tutti i teatri di prosa che non siano in attivo, eliminare i contributi ai giornali ed agire con decisione: con grande decisione. I giornali sono appestati da giornalisti ed opinionisti in lotta a fianco dell’elite pagati da noi e in guerra contro di noi. I conduttori televisivi, vedi la Gruber e Fazio Fazio, non sono da meno.
Sulla nullità di pensiero degli opinionisti si tornerà ampiamente, sulla loro guerra aperta in difesa della società civile anche. L’aggregato delle elite è forte. Trova alleati nel burocrazia, nei giornali, nel potere giudiziario, evoca fascismi inesistenti, si rifiuta di capire le sorgenti teoriche molto differenziate, molto articolate, molto ricche di quel mondo che definiscono barbaro, populista, identitario, nazionalista, fascista. Evocano la fine del mondo civile. Forse l’alleanza conservatrice dei muli vincerà la battaglia come l’ha già vinta in Italia contro la cultura popolare d’origine americana, l’odiata America, portata da Berlusconi. La magistratura come già accaduta con Berlusconi, quando la parola d’ordine era “abbatterli con qualsiasi mezzo” ascolterà le richieste d’aiuto della società elitaria a cui, come persone, appartengono.
Forse vincerà ancora perché è forte, armata, unita e senza scrupoli di fronte a un nemico ancor timido e troppo in difesa, ma si sveglieranno questi novelli aristocratici, un mattino con l’Europa in fiamme e non più arrendevole. Non più berlusconiana o salviniana ma animata dal fuoco di salute pubblica di un nuovo Robespierre.
Forse sarebbe meglio, per evitare l’incendio, un altro Terrore, di un’altra rivoluzione francese, dedicare maggior attenzione  a Salvini e al popolo di Salvini e pensare che l’egemonia delle elite si combatte con partiti popolari interclassisti che cullino al suo interno una sinistra popolare come popolari furono Donat Catin e la sinistra di Base.
Forse sarebbe bene, come fecero Clinton negli Stati uniti dopo Reagan e Blair in Gran Bretagna dopo la Signora Thatcher, considerare il loro lascito come prezioso.
Considerino i cittadini che sostengono le elite che con il barbaro Salvini le morti in mare sono diminuite e che finiranno anche gli afflussi in Libia, la morti nella stessa Libia e i lunghi, pericolosi esodi che portano gli emigranti in Libia. Considerino il disordinato afflusso precedente, le morti in mare, l’approdo di persone che in cuore portano la sharia e che alla lunga ci condizionerebbe verso un avvenire islamico di sharia.
La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, ammesso e non concesso che siano buone intenzioni, cosa tutt'altro che scontata.


mercoledì 13 novembre 2019

POL Ancora il Regio, ancora l’elite, ancora i parassiti.



POL Ritagli di giornale Ancora il Regio, ancora l’elite, ancora i parassiti.

Regio: Avrebbe già dovuto essere commissariato nel 2009, ma il comune sindaco e assessori ci misero il loro indegno naso, e in questi anni il regio con la sua fondazioni, i suoi consigli, i suoi dirigenti i suoi presidenti ne hanno combinati di tutti i colori: bonus irregolari, contratti integrativi, stipendi superiori al contratto nazionale, multe per divieto di sosta pagate dal Regio, compensi per le comparsate tivù a tutti, anche se le comparsate non esistevano, compensi per trasferte come quella in Giappone: 150 persone a cui viene garantita una diaria di cento euro al giorno, premi di produzione tripli rispetto a quelli del contratto nazionale, lavoro ordinario pagato come straordinario, sovrintendente Vergnano cui l’emolumento mensile doveva essere pari a 11277 euro mensili fino al 2017 che ingigantì come un cancro veloce fino a 13.653, (povera anima ne aveva bisogno per le aragoste.). Per non parlare dei contratti di luce, acqua e Gas fatti alla carlona in barba alla Consip e degli appalti sempre prorogati e mai messi a gara. Tutto ciò mentre le fabbriche chiudevano e per molti altri lavoratori pane e cipolle oppure il nulla di Heidegger.
Debiti verso fornitori e banche pari a fine 2018 a 26,5 milioni. Doveva essere commissariato per queste indecenze e invece amministrazioni di sinistra, mafia cultura cultura arte arte arte, elite, fondazioni e banche tutte complici, volontariamente e vantaggiosamente egemonizzate dalla cultura di sinistra:  silenzio e avanti così. 
BASTA! MA CHE COMMISSARIAMENTO! CHIUSURA. E BASTA: BASTA CON QUESTI INDECENTI, CARNIVORI, PARASSITI.


La Stampa 21-6-2019


Problemi al regio, regicidi, spreco di denari, parassitismo sono la normalità. E intanto quei parassiti ( tutti, spettatori e musicisti, impiegati, direttorame vario, registar mazinga, conducstar mago zurlì e Goldrake) continuano a spillare denaro, denaro, denaro. Chiudiamo quel cesso e con quel cesso tutti i teatri parassiti e basta. Cultura? Ma non raccontiamo barzellette. La cultura dà da magiare? Sì, ma solo a loro. 


lunedì 11 novembre 2019

1 Leggi Antielite - capitolo 1 de il Manifesto degli incivili


1 Leggi - capitolo 1 de il Manifesto degli incivili

 Il nostro cammino democratico è iniziato sotto il dominio di due partiti il PCI e la DC, profondamente popolari, circondati da partitini dalla natura incerta ma certamente aristocratica, elitaria come il partito liberale e il partito repubblicano, e da due partiti socialisti, forse popolarmente ispirati ma chiusi dai due colossi.

L’Italia dinamica, forte, entusiasta, liberale dei primi anni, quella che cresceva, che ricostruiva, quella dei piccoli imprenditori, dei piccoli artigiani della nascente, frenetica, infaticabile attività in tutti i campi, con la media e grande industria in forte crescita, correva in parallelo allo stato imprenditore dell’Iri e dell’Eni gestiti con criteri di efficienza, compatibilmente con gli inevitabili legami col mondo politico.
Tutto questo panorama invecchiò di colpo con il fenomeno della congiuntura. Fenomeno che prese piede dopo il primo centrosinistra, con la gran novità dei socialisti alleati alla democrazia Cristiana.
Fu una rottura decisa di fiducia fra il mondo imprenditoriale e il partito interclassista. Una frattura che non potè più risanarsi dovuta soprattutto a un mastodontico errore di comunicazione. La Democrazia Cristiana non seppe comunicare alla parte liberale e liberista del paese, alla classe imprenditoriale che il patto di governo con i socialisti non aveva il significato di un passo verso il PCI ma, anzi, al contrario, un’alleanza che strappava un socialismo ancora in parte massimalista all’egemonia culturale del partito comunista.
A questo si aggiunsero due circostanze che aggravarono il solco: la fuga dei capitali all’estero e l’occulta presenza di pochi ma attivi simpatizzanti per il comunismo all’interno della Democrazia Cristiana. La D.C. non seppe capire coloro che portavano via i capitali per paura, non seppe rassicurarli ma anzi aderì all’ottusa visione comunista che continuava a demonizzare la libera iniziativa e gli imprenditori classificandoli senza appello come padroni, evasori, sfruttatori, ladri. Dall’altra parte il mondo culturale liberale e imprenditoriale, certamente sopravvalutò la forza dell’esigua minoranza che nella D. C. mirava veramente a un patto col partito comunista.     
Esisteva certo una forte sinistra DC anzi ne esistevano due ma entrambe nemiche e concorrenti dell’idea comunista.

Leggi antielite

La presenza dei due partiti autenticamente popolari si fece sentire con leggi fortemente antielitarie. Non voglio parlare di leggi economiche come ad esempio quella delle affittanze agrarie, perché il discorso sarebbe troppo lungo ma di due autentichi colossi come la legge che istituiva la scuola media unica e la legge che concedeva l’accesso a qualsiasi università dei diplomati di istituti tecnici, di scuole per geometri e per ragionieri, acceso in precedenza loro precluso e riservato solo ai liceali.
Meglio non parlare in occasione della realizzazione di questi due veri colossi antielite dei commenti elitari, diffusi anche fra gli insegnanti della vecchia scuola media “Che Scuole medie saranno? Senza il latino senza l’esame di ammissione?”, Un crollo del livello”, “Un baratro”, una barbarie” “Gli scemi e gli ignoranti al potere!” Peggio ancora per l’altro provvedimento “Avremo ingegneri, medici, professori che non sanno il greco e il latino? Che schifo”
Non mi dilungo l’argomento è trattato successivamente e passo direttamente a brevi accenni sulla fine di questo mondo, giunta in maniera traumatica con l’affare Leone quando la crisi dei due partiti di massa autenticamente popolari, la D.C. e il P.C.I fu vorticosamente accelerata da quel vero colpo di stato che fu la fine della presidenza per dimissioni del Presidente Leone.
Tutte le democrazie occidentali si sono avviate verso subdole forme di Repubbliche di Platone dove governano non i cittadini ma i “saggi”, tutte le democrazie stanno logorandosi per questo motivo e per l’incapacità di rinnovarsi, di introdurre riforma anche profonde, ma in Italia il processo dell’ascesa dei movimenti antielite, anti aristocrazia, anti professoroni, antiegemonie ha preso la rincorsa con gli anni berlusconiani per poi deflagrare.
 Accenno solo all’evento decisivo, a quella caduta del presidente napoletano e democristiano Leone dopo un infami e bugiarda campagna ordita in coordinazione tra l’infame Cederna e il gruppo L’Espresso. Accenno perché lo tratterò in seguito se non con completezza, con un certo rilievo.
Aggiungo soltanto che quel grande e autentico partito popolare che era il partito comunista, un partito che aveva sempre respinto con disprezzo i maldestri tentativi elitari pronti a guidarlo culturalmente, come quello del Partito d’Azione e quello del gruppo del Manifesto, vide nel potere mediatico del gruppo l’Espresso Repubblica, non ingabbiato in un partito, l’attore ideale per essere accompagnato nel gioco democratico. L’accettò pur nella coscienza della perdita della sua caratteristica popolare, l’accettò come inevitabile prezzo da pagare per non uscire dalla storia. Il matrimonio impossibile si fece e diede i suoi frutti.
Le traversie del vecchio PCI, i cambi di nome e di composizione i suoi successivi patti col diavolo aristocratico, sono davanti agli occhi di tutti.
A liquidare poi da Democrazia Cristiana, logorata dal potere, infiltrata dalle esose elite, combattuta dall’aristocrazia snob che prese in tutto il mondo il nome di Radical chic e di società civile, ci pensò la magistratura. Come La monaca di Monza Egidio, il nuovo Pd, le parlò e La sciagurata rispose. Rispose perché anch’essa, incontrollato potere, che aspirava ad altro potere, che poteva approfittare di una costituzione, in alcuni punti, addirittura demenziale. Rispose e la nostra risposta di contrasto dovrebbe essere proprio il movimento “E LA SCIAGURATA RISPOSE”

Poche parole per l'Oggi. Oggi con Salvini si sta ripetendo lo schema giudiziario già messo in campo con Berlusconi con il famoso avviso di garanzia partito da Milano, che diceva “Pregiata società civile con questo atto vi abbiamo informato che le procure sono con voi. Ora scatenatevi e state tranquilli: siamo con voi.


martedì 5 novembre 2019

Se il populismo vuole allungare le mani sulla cultura. Panarari 3/3



Un appello prima del famigerato Robespierre. Chi possiede la cultura possiede la società. Chi è fuori della cultura viene ostacolato cacciato non pubblicato. Uniamoci e Facciamo una nostra casa editrice, un nostro giornale culturale, produciamo un nostro canale televisivo. Senza posizione nella diffusione culturale tutti gli exploit sono destinati a sgonfiarsi. Dotiamoci di questa base unendo le nostre forze in questo progetto. Scrivete a esaiae07@gmail.com esaiae@libero.it e date la vostra disponibilità e la vostra adesione.  

Se il populismo vuole allungare le mani sulla cultura. 

Torniamo al nostro famigerato Panarari 3/3

Leggi cliccando qui sotto su "continua a leggere" 


sabato 2 novembre 2019

Se il populismo vuole allungare le mani sulla cultura. Panarari 2/3



Un appello prima del famigerato Robespierre. Chi possiede la cultura possiede la società. Chi è fuori della cultura viene ostacolato cacciato non pubblicato. Uniamoci e Facciamo una nostra casa editrice, un nostro giornale culturale, produciamo un nostro canale televisivo. Senza posizione nella diffusione culturale tutti gli exploit sono destinati a sgonfiarsi. Dotiamoci di questa base unendo le nostre forze in questo progetto. Scrivete a esaiae07@gmail.com esaiae@libero.it e date la vostra disponibilità e la vostra adesione.  premi qui sotto per continuare a leggere