mercoledì 19 novembre 2014

LA TEORIA RAFFiGURATIVA DI WITTGENSTEIN NEL TRACTATUS - prima parte


LA  TEORIA RAFFIGURATIVA DI WITTGENSTEIN NEL TRACTATUS


Teorie e raffigurazione

Wittgenstein detestava la "prolificazione verticale" del teorizzare. Aveva imparato a detestarla valutando quella che lui chiama la “bestiale" teoria dei tipi elaborata da Russell e da lui considerata un'inutile produzione di "chiacchiera" insensata proprio a causa della sua illimitata proliferazione di tipi, di ordini, di numeri e entità. La sua teoria raffigurativa del linguaggio, esposta nel Tractatus, si proponeva proprio di evitare esiti di questo tipo.
Il mondo del Tractatus è un mondo minimo in cui non esiste la generalità illimitata. Le sue tesi sono note: "Il mondo è la totalità dei fatti non delle cose" e "il fatto è un nesso di oggetti". Queste affermazioni ci dicono già molto: ci dicono che esiste un mondo, e che questo mondo è composto di “fatti”: fatti reali, esistenti e oggettivi indipendentemente dal nostro agire nel mondo, dal nostro osservarlo, dal nostro parlarne. Di questi fatti, secondo il Tractatus, noi ci facciamo immagini e queste immagini sono fatti che raffigurano fatti.
L'immagine logica dei fatti è il pensiero che si esteriorizza in proposizioni. Le proposizioni sono esse stesse fatti che, articolandosi come i fatti rappresentati, li raffigurano. Un fatto raffigura un altro fatto quando i due fatti condividono la stessa forma logica; questa condivisione è la condizione affinché l'uno possa essere utilizzato come simbolo dell'altro.
La forma logica è l'organizzazione, la connessione degli oggetti nel fatto; per condividere la forma logica di un fatto, un fatto-proposizione deve avere tanti nomi quanti sono gli oggetti del fatto, riferirsi a essi e presentarli fra loro interconnessi come lo stato di cose in cui intervengono.
Queste tesi paiono ben analizzare le proposizioni relazionali. Il fatto che il vaso stia sul tavolo e la proposizione:
IL VASO STA SUL TAVOLO
mostrano una corrispondenza biunivoca dei segni "tavolo" e "vaso" con i rispettivi oggetti denotati, mentre, non il segno "sopra ", ma la forma relazionale "(...) =>sopra =>(...)” ci mostra la connessione effettiva degli oggetti nominati nella proposizione.
Potremmo anche tentare di immaginare una procedura di costruzione. Consideriamo l’enunciato IL PIATTO STA SOPRA ALLA BOTTIGLIA.
Come originato da una porzione di mondo di questo tipo:


Possiamo immaginare che per passare dalla porzione di mondo all’enunciato sia necessario:

1) cancellare tutto ciò che non è né vaso né bottiglia





Introdurre un sistema di riferimento e proiettare su di esso gli oggetti.





E scrivere seguendo la freccia
IL PIATTO STA SOPRA LA BOTTIGLIA
E’ evidente che in tutti questi passaggi si è operato una cancellazione (tutti gli oggetti ad eccezione di piatto e bottiglia) e una deformazione di posizione. Ma non solo; se si pensa che il primo disegno non rappresenta certo la porzione di mondo: sono assenti le ombre, le luci, i colori, l’ambiente ecc. Cancellazioni e deformazioni sono operazioni violente (produttrici di perdite) funzionali allo scopo del modello linguistico (Enunciato) e in quanto alla raffigurazione o immagine logica, tutto sta in cosa s’intende per “logica” A prima vista il modello enunciato sembra una’immagine logica’ non della porzione di mondo ma, al massimo di quanto presente in fig. 4. E’ tuttavia, almeno a mio avviso,’ evidente come il modello enunciato presuppone oggetti e fatti digitali in corrispondenza di nomi e proposizioni digitali, quando invece la porzione di mondo appare analogica.

Punto di partenza e punto d’arrivo evidenziano, sempre a mio avviso, non solo una certa ragionevolezza della raffiguratività delle proposizioni ma anche la loro natura di “modelli”; come i modelli la proposizione, infatti perde e informa, come i modelli è costruita per un fine. Il fine in questo caso è l’informazione della reciproca posizione fra piatto e bottiglia. Davanti alla libreria noi portiamo a termine un processo di eliminazione e informazione, grazie al quale tra le tante proposizioni possibile che parlano di ciò che ci sta di fronte produciamo quella che assolve al fine. Siamo in sostanza di fronte a una proposizione che è anche modello raffigurativo, ma possiamo pensare che tutti i tipi di proposizioni siano modelli raffigurativi?



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