Il
teatro aveva un senso altissimo in Grecia dove è nato e nella civiltà
occidentale che ne è seguita, un senso così forte da indurre a dimenticarne i
costi che gravano su tutti, anche su coloro che a teatro non ci andavano, per
le ragioni più varie, perché il teatro non piaceva, perché era caro, perché le
rappresentazioni avvenivano a corte.
Le
commedie, le tragedie raccontavano storie accessibili alla vista e all'udito e
non c’era altra maniera di raccontarle. Raccontavano storie che anche il
proletariato povero, incolto, illetterato e incapace di leggere e scrivere,
poteva comprendere e godere. Tutti i tipi di rappresentazione, anche il povero
teatro delle marionette trovavano spettatori.
Ma,
oggi, (anche tenendo conto dell’avvento del cinema), le cose non stanno più in
questi termini e ancor meno lo saranno con il cinema 3D. Il cinema racconta
storie in concorrenza col teatro ma la sua tecnologia è tale che i produttori
possono produrre in attivo e senza ricorrere ai denari dei contribuenti (ma in
Italia questo non succede, l’Italia finanzia anche i film, gli attori, i
registi che banchettano ad aragoste, anche coi soldi dei contribuenti) che al
cinema non ci vanno.
Quanto
senso ha oggi il teatro? Quanto ne ha da giustificare il fatto che gravi sulla
comunità? Quanto che giustifichi che chi non va a teatro paghi una parte del
biglietto di chi ci va? A nostro avviso nulla. Neppure le scusanti che può
offre l’opera in quanto prodotto, invenzione degli italiani.
Parlare
di magia del teatro non ha senso e, per chi quella magia non la sente o che non
ama il teatro o non ha tempo per il teatro o non ha i soldi per il teatro, è
solo un’aggravante del danno. La magia del teatro nel teatro di prosa come
in quello d’opera è paragonabile alla magia dello stadio rispetto al televisore
di casa o del bar ma chi va allo stadio il biglietto se lo paga con i soldi
suoi e non con i miei e in genere di chi non va allo stadio.
Non
siamo noi barbari a mettere in evidenza questi fattori, non siamo noi incivili,
ma il teatro stesso che non è più in grado di darsi un senso. Se ci fossero
autori che scrivono commedie, tragedie, rappresentazioni in varie modalità,
tali da dare indizi di vitalità, un certo senso lo conserverebbe ma le cose non
stanno così. E’ il teatro stesso che non sa darsi senso e vitalità.
Pirandello, G. B. Shaw sono autori di altri
tempi, dei primordi del secolo ventesimo, un soprassalto di vita si è avuto con
il teatro dell’assurdo, con quel Aspettando
Godot che, come una bomba, sembrava
resuscitare un teatro morto, asfittico, sterile, ma i drammaturghi sulla scia
di Godot non hanno prodotto granché, anche se quel poco granché viene ancora talvolta
rappresentato. Benché premiato dal nobel il teatro di Sartre mi pare
decisamente scombinato e di basso livello. Questa mia opinione è condivisa da
molti. Gli autori di teatro non ci sono o producono sterili messe in scena di
romanzi, oppure, detto altrimenti, non è il teatro ma il cinema ad attirare gli
autori da palcoscenico.
Il
teatro si è ridotto a esibizioni di registar e di attori, finanziata dallo
stato, dalle regioni, dai comuni come salvacondotto di vivacità intellettuale,
di cultura mentre in realtà sono musei, dove si riproducono i capolavori del
passato quando il teatro era l’unica possibilità di offrire divertimento ed
emozioni, dove si riproducono scene, equilibri, parole che divertivano ed emozionavano
i nostri antenati, quando l’uditorio era in parte analfabeta, ma lo è molto di
meno per noi che abbiamo altri spettacoli, altri autori visibili in film, in
telefilm, ecc. dove l’invenzione artistica è stata ed è, anche se meno, ben
viva.
Viene
spesso evocata la magia del teatro dal vivo, sia a proposito del teatro di
prosa che di quello lirico. Non dico che non esista ma dico che, ad esempio,
noi, come molti altri, non la sentiamo. Da quando c’è You tube, in particolare,
la possibilità di esplorare la musica e il teatro della Firenze dei medici,
della Venezia dei dogi, fino allo Stravinskij dodecafonico, sono diventate per
noi accessibili. Internet ha cambiato il nostro modo di emozionarsi e il nostro
rapporto col teatro. Il mondo musicale è un universo infinito. Più che sentire
cento volte un pezzo di Mozart, a molti piace esplorare tante voci. Mozart è
sommo ma non esplora tutto, quel tutto che trovi in altri. Il repertorio dei
teatri mi pare enormemente angusto e ristretto.
La
cosiddetta magia del palcoscenico vale per chi la sente e ne gode. E’ giusto
che chi la prova e se la gode, se la paghi per intero e non la faccia pagare a
tutti. Vale perché è un’occasione di ritrovo, di commenti, di presentazioni, di
sfoggio di abiti, pettinature e gioielli, ma perché queste chicchere, queste
esibizioni di snobismo per gente snob ,dobbiamo pagarle noi?
I nostri
antenati si divertivano anche con il teatro delle marionette, coi circhi, con
la donna serpente. Anche opere come la Traviata venivano rappresentate con
marionette e dischi. Nel romanzo Gli insetti
preferiscono le ortiche del giapponese Tanizaki,
l’autore racconta quante emozioni siano ancora in grado di suscitare nei
giovani il teatro delle marionette azionato con le mani, una magia del teatro,
una magia delle marionette, dell’ambiente, del palco, che lancia gli ultimi
sussulti mentre percorre la via della sua estinzione. Anche qui in Italia si
parla a non finire di magia del teatro, di magia del palcoscenico,
dell’ambiente, degli attori, delle luci artificiali, una magia culturale così
forte da esigere di essere mantenuta in vita. E’ la stessa magia che danno gli
intervalli, le conversazioni negli intervalli, le critiche, le lodi, gli abiti,
le acconciature, il piacere di mostrasi colti, di credersi colti, di mostrare
agli altri quanto siamo colto, le prime, la programmazione, le prenotazioni, le
assegnazioni dei posti, le critiche agli attori, al regista anche in aperta
contraddizione agli applausi sperticati che fanno parte di un cerimoniale
consolidato all’interno di quella magia, ma non tutti sentono quella magia. Non
la sentono e non la giudicano certo cultura ma scipito, inutile compassionevole
relitto. Compassionevole ma caro. Non vogliamo più che i nostri soldi servano a
chi soggiace a quelle magie da quattro soldi, povere, superbe, costose,
esigenti.
Anni
fa molti anni fa Moravia, parlo degli anni ’60, si dedicò al teatro con gran
strepito di commenti tra i quali quelli del tipo “Il teatro muore, i romanzieri
di valore accorrano al suo capezzale per rivitalizzarlo” Scrisse tra l’altro un
testo (forse il mondo è quello che è
) che nessuno di noi conosce se non per il rumore che fece l’evento e che pare
totalmente scomparso dalla circolazione. Allora si diceva che fosse influenzato
dalla filosofia di Wittgenstein. Qualcuno ricorderà i commenti e le discussioni
anche nei quotidiani all'insegna del dilemma: il mondo è di cose o di parole. A
che opera di Wittgenstein si ispirasse Moravia non lo sappiamo. E’ difficile
che fosse il Tractatus che esige una
preparazione logica, probabilistica, ecc. Anche se l’avesse letto non ci
avrebbe capito nulla con la sua cultura ed è quindi probabile che qualcuno gli
abbia fatto un riassunto comprensibile. La meteora infausta del dramma di
Moravia ci esonerò anche dal leggere il testo ma non ugualmente accadde con le
maldestre opere di Sartre. A porte chiuse,
Le mani sporche, Il diavolo e il buon dio, I
sequestrati di Altona, meritano appena una citazione. Del grande e
frettoloso scrivere di Sartre solo La
Nausea e, in parte i racconti de Il
muro, paiono resistere all'azione del tempo demolitore di effimeri
entusiasmi. Sartre non ha certo contribuito a salvare il necrotico teatro. Anzi
forse ha contributo ad affossarlo. Il teatro è un relitto tenuto in vita dai
suoi significati sociali di aggregazione e dalla retorica interessata dell’ARTE-ARTE-ARTE,
CULTURA-CULTURA- CULTURA. Una forzata sopravvivenza senza senso, dal punto di
vista artistico, e irragionevolmente costosa, dal punto di vista culturale e
politico. Il Teatro come molti miti dell’ARTE-ARTE-ARTE, CULTURA-CULTURA-CULTURA
dà da mangiare a un'élite e ruba al popolo dei cittadini che non vanno a
teatro. La giustificazione addotta è sempre il supposto valore artistico e
culturale ma il mito romantico dell’arte è ormai preistoria, roba per la
società civile, per la società civile e superficiale, per la società civile
maneggiona, mangiona e succhiasangue.
Il
rimedio è la cultura del volontariato e del tempo libero, della cultura che
recita, che è attiva, che non si organizza in consigli di amministrazione, in
compensi o come passivo e parassitario ascoltatore. Ci sono eserciti di volontari che prestano
gratuitamente il loro lavoro in istituzioni culturali come le università
popolari e quelle della terza età.
Si fa, ad esempio, un gran
parlare di occupazione di edifici pubblici da parte dei giovani anarchici o di
sinistra dei cosiddetti Centri sociali. Non aderiamo certo alle loro idee ma è una
colpa occupare edifici pubblici per auto-organizzare il loro impegno, il tempo
loro libero, i loro concerti. i loro spettacoli. C’è una discriminazione
evidente fra locali in disuso, occupati dai centri sociali che non pagano
affitto ma non costano alla comunità e fanno cultura, di quella banda di
malaffare che è solo capace di far debiti.
Siamo mille miglia lontani dai
parassiti, dai super pagati attori, dai
Mazinga directstar, dai Goldrache conductstar, dalle sartorie
teatrali, ecc. e chi più ne ha più ne metta, che divorano il denaro
dei contribuenti. Altro che limitarsi a non pagare l’affitto. Arte?
C’è più creatività in quei gruppi, c’è più arte in quel territorio
underground che in tutta l’ipocrita, e ladra società dell’ARTE-
ARTE-ARTE, CULTURA-CULTURA-CULTURA. C’era persino
più arte nel disprezzo con cui anni fa i contestatori contestavano
l’esibizionismo di pellicce, parrucche e mise alle prime della Scala,
lanciando le loro sante e benedette uova.
Mazinga directstar, dai Goldrache conductstar, dalle sartorie
teatrali, ecc. e chi più ne ha più ne metta, che divorano il denaro
dei contribuenti. Altro che limitarsi a non pagare l’affitto. Arte?
C’è più creatività in quei gruppi, c’è più arte in quel territorio
underground che in tutta l’ipocrita, e ladra società dell’ARTE-
ARTE-ARTE, CULTURA-CULTURA-CULTURA. C’era persino
più arte nel disprezzo con cui anni fa i contestatori contestavano
l’esibizionismo di pellicce, parrucche e mise alle prime della Scala,
lanciando le loro sante e benedette uova.
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