GLI ANARCHICI NUMERI IMMAGINARI
In pieno Rinascimento gli algebristi si imbatterono in operazioni
del tipo radice quadrata di -4 che, ovviamente, non avevano alcun senso non
esistendo alcun numero che ha per quadrato un numero negativo. Poiché alcuni di
questi mostri si presentavano in calcoli di cui già si conoscevano soluzioni, gli
algebristi non si scoraggiarono e, indicato col simbolo J2 il valore di radice
quadrata di -4 dove il simbolo J significava immaginario, proseguirono nei loro calcoli.
Sapevano che JxJ ossia J2 era uguale a -1 e impararono presto a
sommarli, moltiplicarli e dividerli, constatando che spesso questi “immaginari”
sparivano, permettendo di portare a termine i calcoli. Come in una
metafora numeri immaginari, uscivano dal
loro mondo per entrare in un altro.
A scuola ci insegnano che certe equazioni
di secondo grado non hanno soluzioni, il che è vero solo in parte perché
un’equazione di secondo grado ha sempre due soluzioni che, se non sono reali,
sono immaginarie. Dove abitano i numeri immaginari? Se si vuole rispondere con
una metafora, si può affermare che mentre i numeri normali abitano lungo una
retta, quelli immaginari, o in parte immaginari, abitano in un piano.
La teoria degli immaginari ha esiti sconcertanti. Nel loro mondo
una circonferenza e una retta s’intersecano sempre. Una circonferenza con
centro a Parigi s’interseca, ad esempio, con la retta che congiunge Milano con
Londra. Sembra assurdo ma questa retta e questa circonferenza hanno come punti
in comune numeri in parte reali in parte
immaginari.
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