Certo non può che risultare
stridente il paragone fra la gioia e l’entusiasmo con cui i giovani che sentono
i complessi rock che si esibiscono mostrando i loro salti, i loro canti, i loro
strumenti, cantando con loro, saltando e ritmando con il battito delle mani e
coi loro salti il loro entusiasmo e l’immobilità silenziosa e religiosa,
mummificata, con cui gli spettatori-ascoltatori seguono le opere liriche con la
l'intera orchestra nascosta in una buca.
C’è chi sbeffeggia gli ascoltatori
delle opere liriche e parla di statue di gesso o di mummie ma questo
comportamento da mummie ha una sua giustificazione. Quelle musiche vennero
scritte per essere ascoltate in religioso silenzio. I compositori e la cultura
musicale volevano questo tipo di partecipazione e questo tipo di
“collaborazione”. Wagner volle l’orchestra nella fossa e il buio in sala
affinché nessuno venisse distratto da ciò che appariva sul palco. Al
compositore Sacchini che teorizzava una diversità di composizione fra musica
per teatro, semplice, orecchiabile, popolare, senza modulazioni, Hoffmann
rispose che non esiste musica popolare e musica colta; che non esiste musica
per il divertimento del pubblico e musica religiosa perché ‘La’ musica, TUTTA LA MUSICA È RELIGIONE.
Il silenzio e la presenza in
silenziosa partecipazione fanno parte del DNA delle opere scritte nel
romanticismo. Non era sempre stato così nei precedenti secoli dell’opera
trionfante ma certamente fu così nella mistica cultura musicale dell’ottocento.
Totalmente diverso era stato il tipo d’ascolto nei secoli precedenti
soprattutto a partire dalle opere barocche successive a quelle di Monteverdi e
Cavalli, quando il discorso musicale sul palco si spezzò in arie e recitativi
coi secondi abborracciati alla belle meglio perché intesi alla sola funzione di
far progredire l’intreccio. E’ normale che durante quei noiosi recitativi gli spettatori
facessero tutt'altro che ascoltare la musica, visto che la trama era arcinota
perché si musicavano sempre gli stessi soggetti.
Non mancò comunque chi, che come
Benedetto Marcello, nauseato dal clima generale dell’opera dagli spettatori,
dagli artisti, dal pubblico, lì deridesse in quel tagliente trattatello che è
il suo Il teatro alla moda. Oggi un
altro Teatro alla moda andrebbe scritto ma con fini e argomentazione del tutto
differenti.
Se le opere romantiche devono
essere sentite con partecipato e silenzioso misticismo religioso, il Rock non
può che essere sentito con quella partecipazione attiva a cui assistiamo. Ma
con ciò non si può chiudere la questione perché c’è davvero da chiedersi se i
compositori “colti” del giorno d’oggi debbano seguire canoni così ingessati o
oltrepassare la barriera e chiamare il pubblico ad una partecipazione di attiva
vitalità. C’è da chiedersi se debbano adottare la costosissima orchestra tradizionale
e l'altrettanto costosissimo sistema dei direttori stabili, dei direttori
artistici, dei direttori dei direttori e chi più ne ha più ne metta, dei
costosi scenografi, capiscenografici, grafici, sarti e sartine, ossequiose
maschere o ricominciare da capo e prendere alla lettera le parole di Cecilia
Bartoli "“Nei teatri italiani troppi
privilegi: vanno licenziati tutti”. Su queste parole intese nel loro
significato letterale non avrei dubbi "Cacciateli tutti via" a
cominciare dai directstar e dai conductstar o, altrimenti, lasciateli al loro
destino e che vivano dei proventi che sanno guadagnare. La mia antipatia per
questi personaggi e per i loro costi, per la mistica adulazione di cui sono
circondati è fin troppo evidente e a chi non la condivide dico "Create un
nuovo ambiente culturale che ci dia i nuovi Rossini, Verdi, Wagner e tenetevi
pure i vostri Abbado, Muti, Strehler, Zeffirelli
e compagnia. Le bacchette magiche della musica non sono quelle agitate dai
direttori maghi, dagli strapagati, osannati conductstar, ma le matite che
Rossini Verdi, Wagner, Strauss, Stravinskij, Hindemith, usavano per scrivere i loro spartiti. Le
bacchette magiche delle fatine, dei conductstar, dei maghi, delle streghe non
scrivono, sono prive di grafite, prive d'inchiostro. Avessero i vari Toscanini,
Furtwangler, Abbado, Muti lasciato quattro righe decenti capaci di esprimere le
loro somme spremute di musica. No: aridi e improduttivi come i muli, o
produttori di banalità come Furtwangler.
Le questioni da
affrontare per una nuova culturale sono molte ma, allo stato di degrado e di Caporetto a cui siamo giunti, non ci
devono spaventare né i concetti né le parole che non possono essere diverse da
quelli con cui le avanguardie affrontarono il sistema ingessato, mummificato,
standardizzato dell'arte. Tutti via, si ricominci da capo.
Il protestantesimo chiamò il popolo
credente ad accompagnare musicalmente le cerimonie religiose e non vedo come un
analogo passo non possa essere decisamente intrapreso dalla ingessata musica
colta. La partecipazione religiosa romantica non dovrebbe comunque continuata
ad essere ingessatamente ridicola come è oggi. Non vedo perché gli strumentisti
debbano indossare il frac, non vedo perché alle prime ci debba essere una
inutile esibizione di fiori, non vedo perché puntualmente gli artisti
“in“debbano essere omaggiati di mazzi di fiori. Non bastano gli emolumenti
sibaritici?
Ma la situazione diviene
addirittura ridicola di fronte a certe regie dei nostri famosi registar che a
loro dire hanno salvato l’opera, che si vantano di attualizzare l’opera. Tutto
ciò, i frac dell’orchestra, i registar, i conductstar, ossia tutto il complesso
di esecutori e ascoltatori che in religioso silenzio assiste, è in stridente
contrasto con gli allestimenti cervellotici e demenziali che non rispettano
l’opera e, non rispettando il contesto storico, non rispettano la cultura e
appaiono solo come coscienti e provocatori massacri di quella cultura romantica
che li ha generati. Quella stessa cultura che chiedeva rispetto e che
rispettava i contesti storici. Non parlo dei conductstar, che rispettano
religiosamente lo spartito del compositore, almeno superficialmente consapevoli
di essere interpreti: non essi stessi geni musicali ma attenti traduttori di
chi quel genio lo possedeva, ma dei registar che massacrano la parte visiva
dello spettacolo producendo, ad esempio, un Otello magari in ambiente borghese
che in giacca e cravatta canti a piena voce “Esultate l’orgoglio musulmano è
sepolto in mar, nostra e del cielo è gloria dopo l’armi lo vinse l’uragano.” o un
Falstaff ambientato in un ricovero di poveri vecchi, o un Wagner catapultato in
banali ambienti nazisti. Capita di peggio: capita anche addirittura varino la
trama. Non mi dilungo. Il contrasto è stridente e offende il contesto storico,
i compositori, l’opera lirica ma non, evidentemente, l’imperversante banda
CULTURA–CULTURA- CULTURA, ARTE-ARTE – ARTE, che si produce in scomposti,
fanatici, erotico-mistici osanna.
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