venerdì 17 gennaio 2020

11 Concerti beat. concerti e opere chic Capitolo 11 se IL Manifesto degli incivili


Certo non può che risultare stridente il paragone fra la gioia e l’entusiasmo con cui i giovani che sentono i complessi rock che si esibiscono mostrando i loro salti, i loro canti, i loro strumenti, cantando con loro, saltando e ritmando con il battito delle mani e coi loro salti il loro entusiasmo e l’immobilità silenziosa e religiosa, mummificata, con cui gli spettatori-ascoltatori seguono le opere liriche con la l'intera orchestra nascosta in una buca.
C’è chi sbeffeggia gli ascoltatori delle opere liriche e parla di statue di gesso o di mummie ma questo comportamento da mummie ha una sua giustificazione. Quelle musiche vennero scritte per essere ascoltate in religioso silenzio. I compositori e la cultura musicale volevano questo tipo di partecipazione e questo tipo di “collaborazione”. Wagner volle l’orchestra nella fossa e il buio in sala affinché nessuno venisse distratto da ciò che appariva sul palco. Al compositore Sacchini che teorizzava una diversità di composizione fra musica per teatro, semplice, orecchiabile, popolare, senza modulazioni, Hoffmann rispose che non esiste musica popolare e musica colta; che non esiste musica per il divertimento del pubblico e musica religiosa perché ‘La’ musica, TUTTA LA MUSICA È RELIGIONE.
Il silenzio e la presenza in silenziosa partecipazione fanno parte del DNA delle opere scritte nel romanticismo. Non era sempre stato così nei precedenti secoli dell’opera trionfante ma certamente fu così nella mistica cultura musicale dell’ottocento. Totalmente diverso era stato il tipo d’ascolto nei secoli precedenti soprattutto a partire dalle opere barocche successive a quelle di Monteverdi e Cavalli, quando il discorso musicale sul palco si spezzò in arie e recitativi coi secondi abborracciati alla belle meglio perché intesi alla sola funzione di far progredire l’intreccio. E’ normale che durante quei noiosi recitativi gli spettatori facessero tutt'altro che ascoltare la musica, visto che la trama era arcinota perché si musicavano sempre gli stessi soggetti.
Non mancò comunque chi, che come Benedetto Marcello, nauseato dal clima generale dell’opera dagli spettatori, dagli artisti, dal pubblico, lì deridesse in quel tagliente trattatello che è il suo Il teatro alla moda. Oggi un altro Teatro alla moda andrebbe scritto ma con fini e argomentazione del tutto differenti.

Se le opere romantiche devono essere sentite con partecipato e silenzioso misticismo religioso, il Rock non può che essere sentito con quella partecipazione attiva a cui assistiamo. Ma con ciò non si può chiudere la questione perché c’è davvero da chiedersi se i compositori “colti” del giorno d’oggi debbano seguire canoni così ingessati o oltrepassare la barriera e chiamare il pubblico ad una partecipazione di attiva vitalità. C’è da chiedersi se debbano adottare la costosissima orchestra tradizionale e l'altrettanto costosissimo sistema dei direttori stabili, dei direttori artistici, dei direttori dei direttori e chi più ne ha più ne metta, dei costosi scenografi, capiscenografici, grafici, sarti e sartine, ossequiose maschere o ricominciare da capo e prendere alla lettera le parole di Cecilia Bartoli "Nei teatri italiani troppi privilegi: vanno licenziati tutti”. Su queste parole intese nel loro significato letterale non avrei dubbi "Cacciateli tutti via" a cominciare dai directstar e dai conductstar o, altrimenti, lasciateli al loro destino e che vivano dei proventi che sanno guadagnare. La mia antipatia per questi personaggi e per i loro costi, per la mistica adulazione di cui sono circondati è fin troppo evidente e a chi non la condivide dico "Create un nuovo ambiente culturale che ci dia i nuovi Rossini, Verdi, Wagner e tenetevi pure i vostri Abbado, Muti, Strehler, Zeffirelli e compagnia. Le bacchette magiche della musica non sono quelle agitate dai direttori maghi, dagli strapagati, osannati conductstar, ma le matite che Rossini Verdi, Wagner, Strauss, Stravinskij, Hindemith, usavano per scrivere i loro spartiti. Le bacchette magiche delle fatine, dei conductstar, dei maghi, delle streghe non scrivono, sono prive di grafite, prive d'inchiostro. Avessero i vari Toscanini, Furtwangler, Abbado, Muti lasciato quattro righe decenti capaci di esprimere le loro somme spremute di musica. No: aridi e improduttivi come i muli, o produttori di banalità come Furtwangler. 
Le questioni da affrontare per una nuova culturale sono molte ma, allo stato di degrado e di Caporetto a cui siamo giunti, non ci devono spaventare né i concetti né le parole che non possono essere diverse da quelli con cui le avanguardie affrontarono il sistema ingessato, mummificato, standardizzato dell'arte. Tutti via, si ricominci da capo.

Il protestantesimo chiamò il popolo credente ad accompagnare musicalmente le cerimonie religiose e non vedo come un analogo passo non possa essere decisamente intrapreso dalla ingessata musica colta. La partecipazione religiosa romantica non dovrebbe comunque continuata ad essere ingessatamente ridicola come è oggi. Non vedo perché gli strumentisti debbano indossare il frac, non vedo perché alle prime ci debba essere una inutile esibizione di fiori, non vedo perché puntualmente gli artisti “in“debbano essere omaggiati di mazzi di fiori. Non bastano gli emolumenti sibaritici?
Ma la situazione diviene addirittura ridicola di fronte a certe regie dei nostri famosi registar che a loro dire hanno salvato l’opera, che si vantano di attualizzare l’opera. Tutto ciò, i frac dell’orchestra, i registar, i conductstar, ossia tutto il complesso di esecutori e ascoltatori che in religioso silenzio assiste, è in stridente contrasto con gli allestimenti cervellotici e demenziali che non rispettano l’opera e, non rispettando il contesto storico, non rispettano la cultura e appaiono solo come coscienti e provocatori massacri di quella cultura romantica che li ha generati. Quella stessa cultura che chiedeva rispetto e che rispettava i contesti storici. Non parlo dei conductstar, che rispettano religiosamente lo spartito del compositore, almeno superficialmente consapevoli di essere interpreti: non essi stessi geni musicali ma attenti traduttori di chi quel genio lo possedeva, ma dei registar che massacrano la parte visiva dello spettacolo producendo, ad esempio, un Otello magari in ambiente borghese che in giacca e cravatta canti a piena voce “Esultate l’orgoglio musulmano è sepolto in mar, nostra e del cielo è gloria dopo l’armi lo vinse l’uragano.” o un Falstaff ambientato in un ricovero di poveri vecchi, o un Wagner catapultato in banali ambienti nazisti. Capita di peggio: capita anche addirittura varino la trama. Non mi dilungo. Il contrasto è stridente e offende il contesto storico, i compositori, l’opera lirica ma non, evidentemente, l’imperversante banda CULTURA–CULTURA- CULTURA, ARTE-ARTE – ARTE, che si produce in scomposti, fanatici, erotico-mistici osanna.

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