venerdì 24 gennaio 2020

FIL La ARENDT, LA METAFORA; OMERO E PITAGORA


La Arendt vede la metafora come ponte fra il mondo dei pensieri e il mondo sensibile, tra l’interno invisibile e l’esterno visibile. Con la metafora il mondo greco ha potuto esprimere l’invisibilità dei sentimenti, del pensiero, della filosofia. Così le parole ‘anima’ e ‘idea’ di Platone, nate rispettivamente dalle parole ‘psiche’ e ‘modello’ inteso come sagoma dell’artigiano, si basano sulle seguenti analogie:
1) Come il soffio vitale è in rapporto col corpo che abbandona così si reputerà che l’anima sia in rapporto col corpo vivente.
2) Come l’immagine mentale dell’artigiano dirige la sua mano nel corso della fabbricazione e costituisce la misura della riuscita o dell’insuccesso dell’oggetto, allo stesso modo tutti gli elementi dati materialmente e sensibilmente nel mondo delle apparenze si riferiscono a uno schema invisibile, situato nel cielo delle idee, e sono valutati in rapporto ad esso.
L’organo privilegiato nella civiltà greca è la vista. Da questo privilegiare nasce tutta quella concettualità che porta alla ‘luce della mente’, ‘allo sguardo della mente’, all’intuizione intellettuale in analogia alle percezione e all’intuizione sensibile. Si vedono con l’occhio della mente gli oggetti della mente così come si vedono con gli occhi sensibili gli oggetti sensibili.
La concezione della Arendt s’inserisce nella sua ampia riflessione circa la facoltà della mente, esaminate nel trattato La Vita Della Mente. L’invisibile attività del pensiero viene portata all’apparenza e resa pubblica con il linguaggio. Con questa impostazione diviene chiara l’importanza della metafora linguistica come ponte fra l’invisibilità del dentro e la visibilità del fuori. Ci sono due mondi e la metafora li unisce.
Importantissima, per la Arendt, l’opera di Omero, che, densa di metafore conoscitive, crea la base linguistica per la civiltà occidentale. Con lui si arricchiscono non solo il linguaggio poetico ma anche quello della filosofia. Senza Omero non ci sarebbe stato quello straordinario fiorire della civiltà greca. Omero, che le ha dato un linguaggio capace di parlare del mondo e dell’anima è il grande padre della civiltà greca e occidentale. La filosofia andò a scuola da Omero.
Per la Arendt le metafore non conoscitive, il cui valore è puramente letterario, sono prive d’interesse “Nel discorrere comune, afferma, è usato un gran numero di espressioni figurate che assomigliano a metafore senza esercitarne la funzione autentica.”
Questa decisa posizione che riduce a orpelli le metafore letterarie non è condivisibile. Forse la Arendt non comprese che la funzione della metafora non fu solo quella di creare, con le parole del ‘fuori’, il mondo del dentro ma anche quella di oltrepassare il mondo sensibile per esplorare gli infiniti mondi della fantasia compensativa e progettuale. Non mondi di puro divertimento ma strade per toccare la verità col linguaggio del nemico: di quell’Essere Immortale che ci vive culturalmente nel linguaggio informatico e di cui noi, singoli mortali, siamo le propaggini malate.
Ma non solo da Omero andò a scuola la civiltà occidentale. Andò a scuola anche da Pitagora, che, con la sua scuola, diede origine alla più grande costruzione intellettuale e fantastica creata dal mondo greco. Una costruzione bifronte, modello per un verso, metafora per un'altro. Da quel modello-metafora del mondo ha avuto origine quell'incredibile progressione che fa dei numeri e della loro storia di invenzioni, scoperte ed eresie uno dei romanzi più belli e affascinanti della nostra civiltà.

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