ENZO MATTIOTTO
Il titolo lo avrei dovuto scrivere tutto
in lettere maiuscole ma ormai è scritto e del resto Enzo il nome in maiuscolo
se l'è conquistato da solo con la sua vita.
Lui mi iniziò alla pittura e, in genere
alle arti figurative, io lo iniziai alla letteratura. Acquistava
settimanalmente i classici della letteratura dell'editore Salani e si costruì
una libreria in legno, sotto la scala che portava dal piano terra all'alloggio.
Abbandonò i classici Salani e assieme iniziammo I capolavori nei secoli, fascicoli di
pittura, scultura, architettura editi settimanalmente dalla FRATELLI FABBRI EDITORI di Alba. Forse nessuno
dei due finì la raccolta. Arrivammo al barocco e dovemmo abbandonarla per
iniziare I maestri del
colore della stessa casa editrice;
una collana a colori, economica ma di una tal perfezione e grandezza da
togliere il fiato. In Italia nessuno aveva mai visto nulla di simile. Lui la
continuò, credo, mentre io passai dopo una quarantina di fascicoli alla Storia della musica, dispense con piccolo disco a 33 giri.
Purtroppo la storia era già arrivata alle soglie dell'ottocento ma riuscii a
ricuperare qualche numero arretrato. Questa è la sequenza che ricordo.
Da quella musica venni a conoscenza di
Monteverdi e di Cherubini, ad esempio, e per me fu un'esperienza eccezionale ed
entusiasmante. Cercai di comunicargli il mio entusiasmo ma senza riuscirci. Fu
anzi molto lapidario e mi insegnò che disperdere la propria attenzione su
troppi interessi non poteva che sfociare in un totale dilettantismo e in una totale
superficialità. Non mi offesi per il rimprovero perché era troppo evidentemente
giusto e io, già dispersivo allora, continuai ad esserlo per tutta la vita.
Oltretutto ormai la filosofia aveva quasi
monopolizzato la mia attenzione e avevo imparato a vedere tutto con gli occhi
della filosofia.
Ho detto che mi iniziò alla pittura ma
fece molto di più. Lui che dipingeva dalle scuole medie inferiori con i colori
ad olio, mi invogliò a imparare e mi aiutò ad acquistare l'attrezzatura
accompagnandomi in un magazzino all'ingrosso convenzionato con l'Arsenale dove
lavorava suo padre. Lui dipingeva molto meglio di me ma, a un
certo punto smise, perché si dichiarò incapace di inserire i volumi nello
spazio. Mi spiegò cosa intendeva con quell'"inserire i volumi"
servendosi di dipinti di Raffaello e Mantegna e dalla sua chiarissima
spiegazione sui pieni e sui vuoti, sui colori e sui contrasti, capii che il mio
"inserimento" dei volumi nello spazio, le mie composizioni di pieni e
di vuoti, erano molto peggiori delle sue.
Con lui imparai a marinare la scuola e a
frequentare La Bussola in via Po' e le poche altre gallerie
accessibili.
Era un animo molto generoso e onesto. Avrebbe
potuto eccellere in tutte le attività ma giustamente seppe rinunciare e impegnarsi
in quella manageriale costruendo una delle più grandi imprese del Piemonte e
portandovi la sua sensibilità per l'equilibrio fra verde e fabbricati, tra
natura e cultura. Mi piaceva parlare con lui e, quando, dopo
il Politecnico, non fu più possibile, perché si ritrovò totalmente assorbito
dalla sua attività di impresario, ne sentii molto la mancanza.
Sono stato suo compagno alle medie, al
liceo, e al Politecnico anche se lui scelse il ramo civile e io quello elettrotecnico.
Quando morì, morì più di un amico.
Grande Enzo Mattiotto! Grande classe
Segrè!
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