Jack Vance LETTERATURA
Sto rileggendo qua e là racconti di
fantascienza tratti dall’antologia di Solmi e dal libro degli Ugo.
Alcuni sono comuni alle due raccolte.
Amo la prosa di Vance, la struttura, il vocabolo inventato,
la sorpresa degli aggettivi, la straordinaria capacità di descrivere colori e
paesaggi immaginari, inventati. Le trame e le vicende delle sue storie, i suoi
mondi inventati sono tanto insensati da riuscire a sorprenderti. Come si fa a descrivere
seriamente un mondo in cui l’attività fondamentale è la preparazione dei
veleni? Inventa creature incredibili! Non sai mai se è serio, grottesco,
sarcastico o ingenuo. Paesaggi stupendi, vocaboli stravaganti, funivie lunghe
migliaia di chilometri, razze demenziali e l’incredibile dialogo. Tutti, donne,
uomini, delinquenti, saggi, eroi, patrizi, plebei, criminali parlano con lo
stesso ritmo e con lo stesso aristocratico vocabolario; come se tutti quanti,
anche l’ultimo ubriacone, avessero preso almeno due lauree a Oxford.
Vance sei unico. Sono innamorato della sua fantasia e del
suo linguaggio barocco. Scriverò ancora della tua fantasia vulcanica, traboccante, incontenibile. E della tua prosa, del tuo linguaggio, dei tuoi boschi, dei tuoi alberi, dei tuoi cannoni di sabbia.
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