Gentilmente il Signor Bruno.Cancellieri aveva commentato il mio articolo Democrazia-degli-incivili-degli-indecenti-bagaglini-delle-indecenti-isole-dei-famosi-una-difesa-filosofica-del-diritto-al-trash con queste parole:
Il trash è ovviamente un diritto umano inalienabile e non negoziabile, ma penso che un servizio pubblico debba offrire una cultura di valore, costruttiva, che diffonda valori, e il trash non ha valore, anzi, tendenzialmente, semina ignoranza, disinformazione, demagogia e denigra e distrugge i valori. Lasciamo quindi il trash al maestro del trash, Berlusconi e alle sue reti televisive, Non c'è bisogno che
Non riuscendo a postare la mia risposta su Face sono ricorso all'escamotage di riportarla sul mio blog per poi linkarla su Face. Ecco la risposta:
Trash è un termine che
contrassegna una certa cultura dai confini incerti e ambigui ma che comunque
fin dalla nascita è stato connotata da termini dispregiativi. Se veramente
trasmette disvalori, allora accetterei il trash solo e in via teorica in quanto
valore di diritto e di libertà come sembri affermare tu ma non credo che le
cose siano così semplici perché, prima di tutto, non so chi stabilisce ciò che
sia valore e ciò che non lo sia e poi perché sospetto che tutto dipenda dalla
forza con cui una certa cultura egemone, che occupa la plancia di comando,
sappia assimilare alla propria cultura le altre. In secondo luogo anche il
termine “costruttiva”, mi pare di difficile senso e non meno problematici mi
paiono i concetti associati a “seminare ignoranza” e seminare “disinformazione”.
Peggio ancora per quanto riguarda il concetto “demagogia” di cui tutti parlano
senza darne definizione.
Chi stabilisce quali sono i valori
e quali sono le trasmissioni che trasmettono “valori”? Dopo cinquant’anni di
vissuto culturale, dopo l’età della tivù democristiana anch’essa ostentata come
servizio pubblico, dopo le censure su parole e programmi di quel periodo, dopo
le cacciate di persone e programmi da parte della elite allora egemone - oggi
come allora radiate, esiliate o riformate – il tutto in conformità alla funzione
maieutica ed educativa che il paradigma del periodo non solo suggeriva ma,
dalla plancia di comando protetta da mastodontici bastioni, ordinava, mi chiedo
che senso abbia parlare di valori e di servizio pubblico visto che anche allora
la parola “valori” era in voga come oggi, anche se i “valori” sono cambiati.
Passano le stagioni culturali e
politiche e c’è sempre una legione di elite protagoniste di incessanti scalate
e dominazioni per conquistare la plancia e imporre la loro Società che di volta
in volta prende il nome di Società morale, società civile, ecc.
Come ho ricordato nell’articolo
non esisteva nell’età vittoriana (e dopo) un valore più certo della immoralità
dei rapporti Gay. Turing è morto suicida col cianuro nel 1954, dopo che la società civile e morale, fattasi giudice, lo
aveva condannato alla castrazione chimica, dopo che con iniezioni di estrogeni
gli fu abbassato il peccaminoso e immorale desiderio sessuale e dopo che quelle
iniezioni gli fecero crescere un umiliante seno. Tutto ciò nonostante che li avesse salvati dal nazismo, decifrando i codici nazisti,
e avesse elaborato quel geniale algoritmo conosciuto come Macchina di Turing. Ho usato i termini “peccaminoso e
immorale” perché questi erano gli aggettivi determinanti per quella cultura
egemone, perché non solo la morale cristiana (considerata comunque un valore da
promuovere) ma anche la morale naturale
condannavano quel rivoltante comportamento contro Dio e la natura. Una condanna
che come ricorda un film con Pozzetto e Massimo Ranieri, era ancora ben vivo
pochi decenni fa nella cultura che oggi si autodefinisce “Società civile”.
Dopo tutti
questi anni in cui le varie società culturalmente dotate e civili si sono
succedute, emanando le loro circolari di approvazione/disapprovazione, i loro
ordini, i loro giudizi: sui fumetti, sui libri, sui film, sulle trasmissioni,
sui libri di testo, sui programmi scolastici, universitari, ecc. non credo
certo in valori assoluti. Di straforo dico che mia madre fu convocata e
diffidata perché a scuola ero stato sorpreso con la Nausea
di Sartre. Questo è uno delle decine di migliaia di episodi dell’allora società
morale e civile egemone che non racconta comportamenti di singole persone- in
questo caso una docente - ma di un sistema che credeva nei suoi principi e nella
sua cultura e non li credeva storicamente veri ma veri universalmente e fonti
di giudizi e repressioni.
I Gay, i
lettori di fumetti, i lettori del grand Hotel, addirittura i gialli, i romanzi
erotici, addirittura i western corrispondevano allora agli ascoltatori dell’Isola dei Famosi e del Bagaglino o agli ascoltatori delle
trasmissioni del famigerato Joker Berlusconi di oggi. Gli ascoltatori dell’Isola dei famosi sono stati discriminati
e basta. La trasmissione non diffondeva certo disinformazione politica, non
elogiava nè incoraggiava l’illegalità, non era illegale, non seminava ignoranza
né falsità. I suoi ascoltatori pagavano il canone come gli altri, come gli
ascoltatori dei programma di storia della RAI che di disinformazione e di
silenzio colpevole ne ha disseminato in abbondanza su una tragedia immane come
le FOIBE su cui ha taciuto per anni come se le foibe non esistessero, come del
resto hanno fatto tutta una banda di esperti, di colti e civili intellettuali,
come il grande maestro Salinari che sul Vocabolario
della lingua parlata in Italia alla voce “foiba” scrive: Dolina con sottosuolo cavernoso. Indica
particolarmente le fosse del Carso nelle quali, durante la guerra del 40-45, furono
gettati i corpi della rappresaglia nazista o il devoto oli che recita fossa
comune delle vittime di lotte civili e assassinii politici o come De mauro
che laconicamente recita fossa comune per
occultare cadaveri di vittime di eventi bellici. Chi occultava non erano
solo le foibe ma soprattutto loro. Gli occultati non erano solo i cadaveri ma anche
l’informazione corretta.
Le Foibe furono
una delle grandi stragi del secolo e, se le stragi nei campi nazisti sono
conosciute, né le Foibe né la strage degli Armeni in Turchia hanno trovato una
via per uscire dalla tomba in cui l’hanno seppellite le culture egemoni morali,
civili e giuste che dominavano e ancora dominano la cultura italiana e quella
Turca. Qui come là a disinformare e tacere erano le culture egemoni e le tivù
di stato -servizio pubblico.
Negli
anni ottanta i miei allievi della scuola professionale esprimevano il loro
entusiasmo per le nuove tivù libere di Berlusconi e tutta la loro inimicizia
verso la vecchia RAI – servizio pubblico. Se interrogati sul perché di tanta
ostilità verso la RAI ,
protestavano dicendo che quei programmi non erano fatti per loro, che ciò che
compariva in RAI non era la vera vita ma la vita su Marte o su Alfa centauri ma
soprattutto rispondevano che la
RAI che non li rispettava, che pretendeva di insegnar loro
come si deve essere veri cittadini e trattava le loro teste come il maestro
Ippoliti, nel vecchio programma Non è mai
troppo tardi, trattava le teste non alfabetizzate.
Ma erano allievi di una scuola
professionale, e questo bastava per squalificare allievi e opinioni. perché in
quelle scuole, in quegli allievi difettavano sia la coscienza civile sia la
cultura appropriata. Non pochi professori delle scuole medie inferiori li
indirizzavano da noi perchè confondevano “manuale” con “manesco” e finivano per
consigliare agli allievi maneschi e ai genitori dei figli maneschi che il loro
destino era una buona e sana scuola professionale con tanto di laboratori dove
i suddetti maneschi disturbatori avrebbero avuto la possibilità di sfogare i
loro litigiosi e barbari istinti.
Chissà come si figuravano le scuole
professionali quelle teste poderose, quei cervelli elevati, normalizzati,
civili e chic ma l’immagine richiamata doveva essere quella di rumorosi
laboratori dove quei barbari, armati di martelli, martellavano innocenti pezzi
di lamiera su incolpevoli incudini e, per completare l’opera, martellavano le
teste e i coiones dei loro compagni, nonché le teste e i coiones dei loro
insegnanti per poi affettarli con seghe elettriche e inchiodarli ai muri con sparachiodi.
Certe trasmissioni come l’abolita
“Isola dei famosi” sono come ci racconta la somma, suprema Tarantola,
proveniente dal pollaio d’elite della banca d’Italia, “Non
in linea con la missione di servizio pubblico dell’azienda.” Se è vero, la Tarantola ci dia la
definizione di “essere in linea con la missione di servizio pubblico
dell’azienda” affinché noi, utenti offesi da quella decisione che giudichiamo
discriminatoria, si possa controllare quanti spettacoli presenti sulle reti
siano in linea o no, quanti film
presenti sulla rete siano in linea o no. Ci dia la sua definizione di “Essere
in linea” ossia ci dia un criterio d’accettabilità o non accettabilità e
discuteremo sul criterio e poi delle decisione prese e non prese.
In realtà il palazzo della cultura e delle
arti è un grattacielo dove, parlando ad esempio di musica, certuni considera
belli di Verdi solo Otello e Falstaff, altri
accettano la trilogia ma rigettano il resto, altri ancora rigettano tutto.
Alcuni di Strauss accettano solo Salome ed Elettra, e disprezzano
il resto. Lo stesso accade per Stravinskij di cui molti accettano solo il
periodo rivoluzionario, fino alla Sagra e detestano la fase cosiddetta
neoclassica. C’è chi accetta la musica strumentale e non quella operistica, c’è
chi arriva ad accettare il Jazz, chi ama il Rock e rifiuta tutta la classica.
Una babele insomma. Ma penso che nessuno di costoro, elevi però mura e fossati e
dica si deve trasmettere solo la musica prediletta, anche se accadde, in altri
tempi, che in qualche famiglia qualche disco dei cappelloni e zingari Beatles
venisse sequestrato, qualche fumetto strappato, e su molti prodotti venisse
posto un veto morale e inflessibile.
Il problema è però politico e, più
precisamente, democratico. Tutto va bene finché non si passa all’azione perché,
se a me, che pago l’ abbonamento RAI piace l’isola dei famosi, e tu me la togli, allora ti chiedo il perché e,
se tu mi rispondi che non si confà e che è indecente, ti chiedo il motivo,
visto che la trasmissione non offende nessuno, non disinforma, non viola leggi
e piace a moli. A questo punto nessuna delle motivazioni note e ostentate, potrà
mai convincermi perché questi difetti io non li vedo, non m’importa nulla se tu
pontifichi che questi difetti ci sono. Ma chi l’ha prescritta questa esclusione?
Il medico? L’igienista? Qualche elite malata di testa? Perché non leviamo
quello che piace a te?
Se poi la risposta fosse “Perché la
trasmissione è in passivo”- che non è comunque il caso dell’Isola dei famosi” e
tantomeno del Bagaglino - allora la questione rischia di essere ancor più
dilaniante, perché sarà giusto e naturale porre la questione “Perché viene
finanziato, ad esempio, il Don Carlos che
piace a trenta persone e non l’isola dei famosi che piace a migliaia? Perché
quella è arte? Ma chi l’ha detto che quella trentina di cittadini debba
decidere ciò che è arte e che l’arte debba essere finanziata e trasmessa?Perché
l’arte esprime la verità? Perchè esprime valori, esprime sentimenti o verità
universali che attraversano i secoli? Ma quando mai! Da quando esiste un
misuratore d’arte?
Se esiste, ma in realtà esiste solo la
congregazione dei nasofini civili di turno, allora bisogna dire che funziona
male. Mozart fu ascoltato
nell’indifferenza e morì nel’indifferenza e così Bach, Vivaldi e molti altri.
Svevo, giudicato uno dei migliori narratori del secolo scorso, sarebbe sepolto
per sempre, se in suo favore non si fosse espresso Joyce, e Joyce non lo
avrebbe fatto se non fosse stato “esiliato” a Trieste come insegnante d’inglese
della Berlitz dove Svevo frequentò i suoi corsi. Al contrario molte opere e
molti autori giudicati come arte somma dai nasofini del periodo sono oggi dimenticati
o ricordati come abili venditori dei loro pasticci, vedi in proposito, tutte le
opere, a suo tempo osannate, di Meyerbeer.
Mi si dice che, se voglio vedere il Trash,
posso farlo nei canali del famigerato Joker e Clown Berlusconi, il che va bene
ma i canali di Berlusconi, che non mi chiedono il canone, per reggere
economicamente devono riempire i programmi di pubblicità. Perché per vedere ciò
che mi piace devo sorbirmi la pubblicità?Perché devo pagare il canone affinché
tu veda ciò che ti piace senza pubblicità?
C’è chi si diverte a vedere il Don Carlos e
chi preferisce la il calcio perché il secondo deve pagarselo e il primo no? E’ un cittadino di serie A?
Chi ama “l’arte” è un cittadino di serio A? e poi chi lo decide che il Don
Carlos è arte? Il consiglio dei trenta?
Quella che pongo è una questione di
democrazia. Amo l’opera e detesto le canzonette ma vedo molti pregi
nell’operare della musica leggera, come ho spiegato nell’articolo in questione,
e accetto tutte le espressioni di ciò che intende commuovere, divertire, ecc.
indipendentemente dalle persone che vengono commosse o divertite da queste
opere. La selezione naturale ha salvato chi sapeva cacciare da solo o in
coordinazione/subordinazione con altri per cibarsi ma ha anche salvato chi sapeva
staccare, divertirsi ballare, ascoltare e vedere rappresentazioni, cantare e
ascoltare chi cantava.
.
Nella mia vita ho pensato e scritto molto
sull’arte e ho anche scritto due libri. Il primo l’ho autopubblicato perché lo
ritenevo degno di pubblicazione il secondo no. Non l’ho fatto perché
sull’argomento, che riguardava l’arte, l’arte di genere, l’arte di consumo e i
possibili criteri, non ho trovato soluzioni e non ho voluto aggiungere inutili
parole e concetti agli innumerevoli già inutilmente scritti da professoroni
che, invece, altrettanto inutilmente li pubblicavano.
In definitiva la
mia concezione dell’arte iniziò quando comprai
i dischi del Guglielmo Tell di
Rossini, un’opera cui avevo assistito al Teatro Nuovo di Torino. Il commesso
del negozio, saputo che era il mio primo e faticoso acquisto di un’opera, si
stupì. Non solo, come primo acquisto, era una scelta del tutto inconsueta ma
tale sarebbe stata, anche se fosse stato il ventesimo acquisto, in quanto opera
pochissimo acquistata, pochissimo rappresentata e, quindi, pochissimo incisa.
Concluse dicendo che, a suo avviso, tutti gli acquirenti, acquistando opere e
facilitando, così, nuove esecuzioni e nuove incisioni, partecipavano alla
creazione artistica e ciò era tanto più valido quanto più l’opera, come nel
caso del Guglielmo Tell, era semi
dimenticata. Contribuendo a tenere in vita quell’opera, le stavo dando vita e
respiro. Insomma, a suo parere ne ero un po’ l’autore.
Trovai
le considerazioni del commesso molto appropriate e le feci mie. La conseguenza
maturò col tempo e contribuì ad allargare enormemente la mia concettualità in
relazione al numero e alla tipologia degli gli attori estetici, una
concettualità che implica una filosofia estetica senza barriere. Non solo gli
artisti tradizionali ma vetrinisti, grafici pubblicitari, arredatori,
venditori, cablatori, ecc. comici di avanspettacolo, attori di reality e infine
tutta la legione dei fruitori. Ciascuno nella sua indipendenza, ciascuno nella
sua autonomia, poco o per nulla concordata con gli altri attori. Non in forma
CORALE, quindi, ma nella partecipazione libera e singolare della svariata
moltitudine degli esseri singoli mortali che quasi non possono vivere,
respirare, senza partecipare all’operare dell’arte e alla guerra di resistenza
contro il nemico assimilatore che opera per modelli.
E’ evidente che non esiste un Essere Artistico immortale in quanto
unità contrapposto all’Essere
Informatico; non esiste ontologicamente, non esiste come possibilità di
descrizione unitaria e neppure, quindi come teoria che definisca l’operare
artistico e tracci i confini tra arte e non arte, tra poesia e non poesia.
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