Ecco il post di Giorgio Giavarra su Nietzsche e la volontà di potenza
Come alcuni concetti, creati da un pensatore
capace di influenzare tutto il XX secolo e a scuotere le fondamenta delle
nostre certezze, possono aiutarci ad analizzare alcune strategie di marketing
“Tutto
ciò che è grande vive in mezzo alla tempesta”, affermava Platone, e Friedrich
Nietzsche visse in mezzo alla tempesta dei suoi vorticosi pensieri e della sua
malattia per l’intera vita, conclusasi nel naufragio della follia.
Nietzsche
occupa un posto a sé nella filosofia e appare essenzialmente come un filosofo
“negativo”. Nessuno prima di lui ha saputo cogliere con maggior finezza la
crisi dei valori della società occidentale. Egli rappresenta un raro esempio di
concentrazione mentale, di esercizio crudele e continuo dell’intelletto, adoperato come un maglio
battente sull’incudine del suo spirito. Da tali audaci colpi scaturirono scintille di aforismi e di
intuizioni psicologiche tali da
sconfessare i falsi miti e le religioni che da sempre hanno soffocato la vera
natura umana. Nietzsche era consapevole della portata delle sue idee
perturbatrici e sconvolgenti e del proprio destino: “Io conosco la mia sorte”
ebbe a dire, “si legherà al mio nome il ricordo di una crisi, come non ce ne fu
un’altra sulla Terra…Io non sono un uomo, sono dinamite…io contraddico come mai
nessuno ha contraddetto”... Oggi, a un secolo dalla sua morte, la sua profezia
può considerarsi avverata. Egli rimane
di gran lunga il pensatore più influente del Novecento; le sue analisi sullo
spirito apollineo e dionisiaco nel campo dell’arte, sulla psiche dell’uomo,
sulla decadenza dei valori, sulla necessità di formare il “superuomo” e sulla volontà di potenza,
hanno lasciato un profondo segno nella nostra cultura contemporanea. Anche se
non ce ne accorgiamo, c’è un po’ di Nietzsche in ciascuno di noi; egli è
presente ogni volta che non ci accontentiamo di pascolare nel gregge, ascoltiamo il richiamo dei nostri istinti,
siamo attratti dagli sconfinamenti, aspiriamo a rivoluzionare noi stessi…
Vero
e proprio nervo scoperto del pensiero europeo del Novecento, scrittore
straordinario, capace di concentrare grandi riflessioni in un frammento,
Nietzsche ci ha consegnato opere immemorabili quali: Così parlò Zarathustra,
Umano troppo umano, La gaia scienza, Genealogia della morale,
Ecce homo, La nascita della tragedia, Aurora, etc... e che
andrebbero non solo lette, ma rilette. In lui troviamo un nuovo linguaggio,
denso di metafore ed aforismi, un nuovo procedere filosofico che rovescia il tradizionale argomentare. I suoi scritti,
dal sapore shakespeariano, sono di una ricchezza prodigiosa, e in essi traspare
il costante sforzo di conferire uno stile all’anima oltre che ai pensieri. Dei
suoi libri è stato detto che hanno la parvenza di sogni, e che leggerli è come
peregrinare per l'infinito. Essi sfuggono ad ogni esame e ad ogni critica
perché non rientrano in alcuna classificazione; sono libri senza compagni,
anch'essi solitari come il loro autore e come tutte le cose di incommensurabile
prezzo…
La scoperta di un mondo falso
Nietzsche concepisce la sua
filosofia come una filosofia della liberazione. Sostiene che la morale, la
metafisica e la religione hanno creato un mondo di finzioni, utili all’uomo per
dargli l’illusione di sicurezza e fargli credere di vivere in un mondo
razionale, ordinato e dotato di senso e di scopo. La costruzione di un mondo
finto e illusorio impedisce di vivere in quello vero, cioè in un mondo in cui
l’uomo riesce a liberarsi dalla “malattia delle catene” - perché “ogni
convinzione è un carcere”- e diventa così “spirito libero”. Tra le concezioni
illusorie e gli errori fondamentali dell’umanità sono da annoverare anche la
credenza nella libertà del volere (libero arbitrio) e nell’esistenza di azioni
morali di cui ciascuno possa ritenersi responsabile. La tesi nietzschiana
sostiene che un’azione non è mai del tutto consapevole e libera, perché “tutto
quello che avviene in noi è in gran parte sconosciuto”. Noi pensiamo e agiamo sempre sotto l’influsso dell’istinto
di conservazione, ovvero dell’istinto che spinge l’uomo a procurarsi piaceri e
ad evitare dolori.
Un’altra credenza illusoria è
quella della verità. Per il nostro filosofo, chi aspira alla verità (come ad
esempio l’uomo che crede in Dio) in realtà ha bisogno di illusioni, perché la volontà
di verità non è altro che volontà di stabilità. La vita necessita di
qualcosa di durevole e regolare, e il logicizzare, il razionalizzare, il
sistematizzare assolvono a tale compito. L’esistenza delle cose è finta da noi
“per bisogni logici”, che assicurano l’illusione di sicurezza. La stessa
scienza (concepita per scoprire verità
nascoste) in realtà è condizionata da apprezzamenti di valore o addirittura da
esigenze fisiologiche e di autoconservazione. Ciò che tuttavia è importante non
è la verità o la falsità di un giudizio o di una teoria, ma sapere quanto un
giudizio o una teoria promuovano e
conservino la vita. “Senza una costante falsificazione del mondo, non potremmo
vivere…i giudizi più falsi possono per noi essere i più indispensabili”,
afferma il nostro filosofo, e in un altro passo: “niente è più nostro dei
nostri sogni, niente è maggiormente opera nostra”…
Tra i concetti che Nietzsche elaborò,
prenderemo in considerazione quello della volontà di potenza, concetto che si
rivelerà utile per analizzare il carattere di una azienda e le sue strategie di
marketing.
La volontà di
potenza
La
“volontà di potenza”, per Nietzsche, è il tratto fondamentale di ogni essere
vivente e costituisce il fondamento di ogni comportamento umano. In alcuni frammenti scrive: “il mondo non
è altro che volontà di potenza, e anche
l’uomo non è che volontà di potenza, e nient’altro… “ ogni volta che ho
incontrato un essere vivente, ho anche trovato la volontà di potenza; e anche
nella volontà di colui che serve ho trovato la volontà di essere padrone. Il
debole è indotto dalla sua volontà a servire il forte, volendo egli dominare su
ciò che è ancora più debole... Solo dove è vita, è anche volontà: ma non
volontà di vita bensì volontà di potenza!”..
La volontà di potenza è
intesa da Nietzsche come forza capace di trasformare il mondo attraverso
l’assunzione di nuove tavole di valori, di reinterpretare la realtà, di vincere
le resistenze della morale comune, di non assoggettarsi agli idoli, di
conferire un nuovo senso alla vita. Nonostante il termine possa risultare
equivoco, il concetto non vuole esprimere prospettive di violenza o sopraffazione, ma soltanto la forza
dirompente di affermazione, capace di
sviluppare le immense capacità dell’uomo.
Volontà di
potenza in azienda
La
grandezza di una azienda risiede nella sua volontà di potenza, ossia nel suo
desiderio di affermarsi, rinnovarsi,
superarsi, e confrontarsi con le difficoltà dell’ ambiente.
Senza volontà di potenza non si conquistano nuovi mercati,
non si realizzano nuovi prodotti e nuovi progetti, non si diventa azienda
leader.
La volontà di potenza è
capace di appropriarsi delle difficoltà e di trasformarle in forza; è posseduta
pertanto solo dalle organizzazioni che affrontano i cambiamenti, che osano
oltre l’osabile, e che sanno che - come Nietzsche insegna - “ciò che non distrugge, rafforza”…
La volontà di potenza è invece completamente assente nelle
aziende vegetative, che si accontentano di sopravvivere, che non motivano i loro uomini, che
dimenticano i loro sogni.
Sul mercato le aziende non competono esclusivamente con i
loro prodotti, ma anche e soprattutto con la volontà di potenza dei loro
uomini. Accade così che una crisi aziendale sia prodotta da una crisi di
volontà di potenza. Essa generalmente colpisce per prima il vertice aziendale,
per poi propagarsi ai suoi collaboratori e ai livelli sottostanti. A volte è
sufficiente sostituire il vertice depotenziato di energia, con un nuovo manager
carico di volontà di potenza, per uscire dalla crisi e far rifiorire l’azienda.
Strategie
di marketing e volontà di potenza
Ogni
strategia di marketing, operata sulle P di Kotler (Prodotto, Prezzo, Punto
vendita, Pubblicità) coinvolge sempre una determinata volontà di potenza.
Un
prodotto di imitazione, ad esempio, esibisce una volontà di potenza o di
affermazione basata essenzialmente sul
Prezzo, mentre risulta quasi inesistente la volontà di potenza di affermarsi
attraverso una propria identità. Una strategia di differenziazione di prodotto, invece, manifesta una volontà di
potenza orientata sul Prodotto. Si mira infatti ad una affermazione “per
differenza”, e cioè a d imporsi sul
mercato tramite la forza delle innovazioni che conferiscono al prodotto univocità
e un certo carattere monopolistico rispetto alla concorrenza.
Nelle vendite promosse attraverso i
messaggi mediatici prevale invece la volontà di potenza della variabile
seduttrice e manipolatrice per eccellenza: la Pubblicità. In tal
caso agisce la legge psicologica in base alla quale ciò che viene sentito
ripetutamente e senza ostilità, diviene familiare, affidabile e quindi
facilmente accessibile. L’inganno indotto dall’abitudine alla ripetizione,
miete le sue vittime e, come nelle società dei babbuini, l’urlo del più forte
s’impone…
La volontà di potenza si
esprime poi nel punto vendita quando è la logistica ad imporsi. La volontà di
potenza logistica, sia intesa geograficamente (come luogo in cui è disponibile
il prodotto o il servizio), che organizzativamente (come completezza ed
efficienza di evasione ordini), si afferma essenzialmente nei supermercati,
nelle stazioni di servizio carburanti e nei MacDonald (in cui è compresente
anche la volontà di potenza del prodotto e della comunicazione).
Ogni
volontà di potenza è un “attrattore clientelare”, è energia irradiata che
scalda il mercato per far maturare i
frutti seminati dalla strategia. Risulterà vincente quell’azienda che potrà
disporre del maggior mix di volontà di
potenza proveniente dalle strategie delle quattro P, e saprà avvalersi in
massimo grado della volontà di potenza dei suoi uomini, energia raggiante tra
le più potenti sul mercato.
La volontà di potenza - il trarre quanto
più possibile da ciò che sta intorno -
lascia la sua traccia ovunque. Già Trasimaco avvertiva Socrate che il pastore custodisce il gregge
non per il bene delle pecore, ma per tosarle, e lo stesso avviene per il
fornitore, che cura la clientela non per
il bene della stessa, ma per raccogliere quanto più danaro possibile. “Non è
per la benevolenza del macellaio che non paghiamo la bistecca a caro prezzo, ma
perché ci sono altri macellai vicini”, diceva Adam Smith. Se avesse conosciuto
il nostro filosofo la sua affermazione forse suonerebbe: “ non è per la
benevolenza del macellaio che non paghiamo la bistecca a caro prezzo, ma per la
sua volontà di potenza”. Solo col giusto prezzo infatti riuscirebbe, in regime
di concorrenza, ad affermarsi sul mercato. Impariamo la lezione da Nietzsche. (continua)
Strilli
Ogni convinzione è un carcere
Senza una costante
falsificazione del mondo non potremmo vivere
Ciò che non distrugge,
rafforza
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